recensione diMassimo Basili
Figlio di un preservativo bucato (Nuova edizione 2012)
In ritardo di un anno sull'annuncio della casa editrice è uscita finalmente in Italia la ristampa riveduta e corretta del capolavoro di Howard Cruse, icona immortale del fumetto gay mondiale (vedi l'intervista rilasciata a Pride nel marzo 2011).
Ambientato nell'America sudista degli anni sessanta squassata dalle rivolte per i diritti civili dei neri, Figlio di un preservativo bucato (“Stuck Rubber Baby”) racconta, con forti riferimenti alle reali esperienze del suo autore, le vicissitudini del giovane Toland alle prese con la violenza razziale, ma anche con la faticosa accettazione della propria omosessualità, in un paese puritano ancora bigotto e profondamente omofobo. Non senza qualche inciampo di percorso, come il concepimento di un figlio con la fidanzata Ginger, Toland aiuterà un gruppo di amici afroamericani a ribellarsi alle prepotenze dei potentati bianchi della sua città e imparerà a smettere di mentire a se stesso.
Intenso e commovente, il libro non è solo uno dei primissimi, fulgidi esempi di romanzo gay a fumetti moderno (è del 1995), ma anche un ottimo modello di generosa abnegazione di un autore verso l'arte delle nuvole parlanti: l'accuratissima tecnica “tratteggiata” usata per questo romanzo è costata a Cruse anni di sacrifici anche economici per essere portata a termine. Impeccabile e dall'ottima stampa, molto migliorata rispetto all'edizione italiana del 2001, il libro viene pubblicato da Magic Press con una vibrante prefazione della fumettista lesbica Alison Bechdel (Fun Home, Dykes, Sei tu mia madre? - Un'opera buffa), amica e da sempre ammiratrice del lavoro di Cruse.