Hard

6 gennaio 2014

Raccontando la storia di un serial killer gay che uccide prostituti e cui dà la caccia un poliziotto gay velato, Hard sembra una specie di Cruising insieme più esplicito e più politicamente corretto, cedimenti della sceneggiatura a parte.

Girato con pochi soldi e in fretta, il film funziona però solo a metà. Tutta la parte relativa agli omicidi si barcamena fra allestimenti più o meno crudi delle scene del crimine (che giocano rischiosamente con i limiti del budget vagheggiando Il silenzio degli innocenti e Seven) e la costruzione di un serial killer che emerge tuttavia alquanto confusa. Molto di ciò che egli fa non sembra infatti avere molto senso e la sceneggiatura su questo piano non convince per nulla. La spiegazione finale, in particolare, fa acqua da tutte le parti. L’idea che l’assassino sia un omofobo con un’omosessualità non elaborata fa ai cozzi con il fatto che il giovanotto non solo ha un’intensa vita sessuale, ma non ha nessun problema a dichiarare la sua passione per gli uomini. Poi ci spiega che uccide i giovani gay sbandati per risparmiare loro sofferenze future, e cioè di diventare come lui, ma non è ben chiaro come questo debba armonizzarsi con le sevizie cui sottopone i ragazzi, che tra l’altro non sono nemmeno tutti gay, o con il fatto che lui, a parte la discutibile passione per l’assassinio, non sembra granché sofferente, o ancora con il fatto che insidia anche l’innocuo figlio piccolo dell’uomo nella cui casa si è installato.

Più riuscito è il subplot relativo al poliziotto, nonostante i limiti consistenti del suo interprete, che si presta volentieri al nudo ma ha più o meno la stessa espressività della sua auto di servizio. Il che è un peccato perché il suo personaggio dovrebbe essere anche più complesso di quello del killer. L’uomo infatti non solo è costretto dagli eventi a uscire allo scoperto e a fronteggiare l’omofobia generalizzata e persino violenta dei colleghi (spinta un po’ all’eccesso nel modo in cui non conosce eccezioni), ma viene anche sedotto dal killer che se lo porta a letto e la mattina seguente, dopo averlo ammanettato nudo, gli confessa tutto e poi lascia che lo ritrovi il suo partner di lavoro, con l’imbarazzo che si può immaginare. Si sarebbe quasi tentati di perdornargli anche la battuta infantile con cui chiude il film: «Where does all the hate come from?»...

Forse il risultato complessivo avrebbe lasciato un segno diverso se il film non avesse avuto l’aspetto di un prodotto di almeno dieci, ma anche quindici anni prima. E non si tratta solo di problemi d’economia: non c’è limite del budget che possa imporre una colonna sonora a tal punto orrida. Alla fine Hard sembra una puntata televisiva di un telefilm poliziesco degli anni ’80 gonfiato per il cinema e con l’aggiunta di qualche scena di nudo, di una mezza erezione e di un paio di dettagli raccapriccianti che hanno portato a qualche scorciatura nella versione circolata (poco) nelle sale: il montaggio integrale è stato successivamente ripristinato per la versione director’s cut.

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