recensione di Giulio Maria Corbelli
Sesso e droga ad Amsterdam
Per il resto questa opera prima di Roger Nicotera, trentaduenne romano, si fa notare solo per la pessima qualità della scrittura che vorrebbe ricalcare le orme di certa letteratura beat («amavo tutti gli autori della beat generation» dice il protagonista del romanzo) senza riuscirvi: le libertà sintattiche e linguistiche che l'autore si prende sembrano solo grossolani errori (e forse lo sono) che accompagnano i mille refusi che fanno pensare che nessuno si sia preoccupato di rileggere le bozze dopo la prima stesura. E viene da chiedersi perché dovremmo leggerle noi... La narrazione poi è complicata da un continuo slittamento dei tempi che vorrebbe tradurre il disordine mentale in cui vive il protagonista ma riesce solo a rendere difficile per il lettore capire di cosa si stia parlando. E tutto questo per raccontare cose tutto sommato di poco conto (a un certo punto l'autore di prende la libertà di occupare sette pagine solo per riferire di un pomeriggio di shopping). Si salvano alcuni personaggi che riescono a far trapelare quel poco di umanità che al contrario il protagonista cerca di soffocare in ogni modo: la logorroica Raçida gestisce il coffee shop che diventa per i ragazzi il punto di riferimento per sfuggire alla logica dei locali a luci rosse, l'affettuoso David sembra innamorarsi di Giulio anche quando questo non si è ancora liberato della passione per Alec, e Josh, ricco avvocato newyorkese, prende in prestito per una settimana la carne di Giulio consumandone anche un po' di cuore. Chissà, forse il libro è un capolavoro per coloro che sognano una vita fatta di scopate, spinelli e strisce di coca.