Le vite impossibili di Greta Wells

9 luglio 2014

Bisogna largamente ricorrere alla suspension of disbelief per poter entrare nella storia e nel mondo intessuti da Andrew Sean Greer nel suo quarto romanzo, Le vite impossibili di Greta Wells: la protagonista, a causa di una cura psichiatrica a base di elettroshock, viaggia temporalmente fra la sua vita nel 1985 e altre due esistenze del suo passato, nel 1918 e nel 1941. La Greta moderna, infatti, è vittima di un crollo nervoso quando il suo amatissimo gemello Felix muore di Aids lasciando nel dolore il suo fidanzato Alan, anch’egli malato, e il suo compagno Nathan decide di lasciarla: l’unica soluzione possibile è ricorrere alle terapie del dottor Cerletti, le quali, però, ottengono risultati inaspettati e sorprendenti. Il mattino seguente Greta si sveglierà nel 1918 e, in seguito, nel 1941, all’interno dei corpi di due altre Greta, vivendo le loro vite così diverse, ma così simili. La Greta del 1918 è una femme fatale, innamorata di un giovane attore, Leo, mentre il marito Nathan è arruolato come soldato durante la Prima Guerra Mondiale; la Greta del 1941, invece, è una quasi perfetta casalinga in una famiglia “felice” con Nathan e, addirittura, un figlio (che la Greta del 1985 ha sempre negato al suo compagno). L’intreccio, di per sé già difficoltoso, si complica ulteriormente quando anche le altre due Greta, entrambe sottoposte a trattamenti psichiatrici, iniziano a vagare nelle vite delle altre, reciprocamente. Fino al finale, quando la nostra Greta dovrà decidere in quale vita tornare definitivamente per conquistare un po’ di felicità.

A metà strada tra Kate Atkinson – i viaggi temporali – e Michael Cunningham – New York nei diversi momenti storici, i tanti legami fra le varie storie, il mondo gay degli anni Ottanta – Andrew Sean Greer crea una storia avvincente anche se tirata un po’ troppo per le lunghe: da un non proprio originalissimo serbatoio di idee, l’autore ha dalla sua una buona penna e alcune piacevoli trovate. Una su tutte le cornici storiche delle tre vicende, ambientate durante momenti di profonda tragicità umana e sociale: nel 1918 siamo nel pieno del primo conflitto mondiale, nel 1941 un’America ignara (tranne che per la Greta del futuro che soffre questa sua superiorità di conoscenza) sta per subire l’attacco a Pearl Harbor, nel 1985 c’è l’epidemia di Aids, che cunninghianamente viene paragonata ad una terza guerra mondiale.

Interessante è anche il ritratto che viene dipinto dell’omosessualità lungo il corso del XX secolo attraverso Felix: nel 1918 il giovane nega a se stesso la propria omosessualità e si abbandona ad incontri clandestini fino al catartico finale; anche nel 1941, sposato, non riesce a frenare le sue pulsioni sessuali che lo porteranno ad essere arrestato e a considerarsi un criminale sessuale; nel 1985 Felix è vissuto solo attraverso i ricordi di Greta e delle sue tragiche e dolorose malattia e morte. Chiarificatore al riguardo è un bellissimo dialogo del 1941, quando Felix, disperato per lo scandalo nel quale si trova coinvolto e abbandonato dalla moglie, chiede alla sorella quando le cose per quelli come lui si sistemeranno e lei non sapendo cosa rispondere si abbandona a un pensiero amaro: “Mi resi conto di non aver ancora visto quel momento. Ma non si può dire a nessuno una cosa così. Non si può rispondere che si sono visti molti mondi possibili, dove le persone prosperano o arrancano, ma che un mondo per lui non esiste ancora”.

In questi momenti, e Le vite impossibili di Greta Wells ne enumera alcuni, Andrew Sean Greer mostra una profondità romantica particolarmente spiccata: con qualche salto temporale in meno e un maggiore coraggio ci troveremmo di fronte ad un grandissimo romanzo, così rimane, comunque, una piacevole e avvincente lettura.
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