recensione diGiulio Verdi
En finir avec Eddy Bellegueule
La provincia conservatrice, razzista e nullatenente dove la Marine Le Pen di turno fa incetta di voti. Un adolescente che scopre la propria omosessualità con l’aiuto del cugino in un capanno. Una famiglia proletaria incapace di emanciparsi, tra gravidanze non desiderate e sogni modesti che per giunta falliscono miseramente. Maestre troppo elementari che complicano la vita, compagni che abusano verbalmente e fisicamente dello studente emarginato, la necessità di fuga per realizzarsi in pieno. La trama de Il caso Eddy Bellegueule non è niente che non si sia già sentito, forse anche più volte del necessario. Come spiegare allora il caso mediatico che il libro ha suscitato in madrepatria, con conseguente successo intercontinentale? La risposta è semplice: è un bel libro, crudo e francese al punto giusto, ed è un efficace antidoto contro la follia di La Manif Pour Tous, il collettivo di associazioni che a Parigi ha portato in piazza un milione di persone per manifestare contro il matrimonio egualitario e il diritto all’adozione per le coppie gay. E l’autore, piuttosto fotogenico, ha appena ventun anni.
Non è però l'antidoto politicamente corretto e prudente che molti vorrebbero assumere. Già la traduzione del titolo in Italiano non rende affatto la durezza dell’originale, En finir avec Eddy Bellegueule, cioè “farla finita con Eddy Bellegueule”: si tratta del vecchio nome all’anagrafe dell’autore, che raggiunta la maggiore età l’ha cambiato in Édouard Louis perché «Eddy aveva il suono del povero, del frocio» (il che dà anche un senso alla frase di Marguerite Duras in epigrafe). Un destino crudele, quello di Louis: “bellegueule” in Francese significa pure “bellimbusto, gradasso, sciupafemmine”. Tutto ciò che la famiglia si aspettava che lui fosse, e naturalmente l’esatto opposto di ciò che Louis è… tanto da rendere necessaria una vera e proprio metamorfosi.
La durezza del romanzo è fatta di fluidi corporei, di passività un po’ masochista, di frasi essenziali ed espressioni sguaiate che dipingono un quadro desolante. Louis è combattuto tra l’odio per la mancanza d’ambizione dei maschi eterosessuali piccardi e una profonda attrazione per le loro manifestazioni violente di virilità, tanto da sviluppare una sorta di Sindrome di Stoccolma nei confronti dei due bulli che lo riempiono di insulti e di sputi, tanto da imporsi di provare a essere eterosessuale – anzi «un duro» – almeno per qualche mese, salvo poi andarsene a gambe levate alla prima buona occasione (un corso d’arte drammatica ad Amiens).
Colpisce il distacco con cui Louis ha compilato questo suo memoriale d’infanzia e adolescenza, e anche lo stile ne riporta qualche segno: i discorsi diretti non sono tecnicamente diretti, ma l’autore si limita a segnalarli in corsivo; i periodi sono progressivamente sempre più brevi, scarnificati, ridotti al minimo, fino all’ultimo capitolo scritto in versi liberi… come Eddy Bellegueule, del resto, che via via si spoglia della provincia che ha sottopelle.