Mulaney

6 marzo 2015

Intitolata all’attore/autore della serie stessa, Mulaney si presenta come una sit-com oltremodo tradizionale. Decisamente troppo, si direbbe, considerato che è stata un flop disastroso sia di critica sia di pubblico. Il paragone con Seinfeld è inevitabile, trattandosi di una serie ritagliata su uno stand-up comedian che apre ogni puntata con una sua routine. Chiunque abbia tentato tale paragone non ha potuto che trarne ulteriori motivi di insoddisfazione: Mulaney non ha nulla dell’originalità di Seinfeld, presenta personaggi oltremodo banali e, soprattutto, attori a tal punto mediocri (a cominciare dallo stesso Mulaney) da riuscire a rovinare anche le battute che avrebbero avuto qualche speranza di arrivare a segno.

Tra questi personaggi vi è anche il dirimpettaio gay Oscar, interpretato da un Elliott Gould ultrasettantenne, gradevole ma ormai lontanissimo dai fasti della Nuova Hollywood. Il suo ruolo è nientemeno che quello del vecchio saggio: nella scena che gli viene garantita in ogni puntata risolve un dilemma di Mulaney con semplice buon senso. Al di là di questo, si tratta di un personaggio risaputo, una specie di profugo della San Francisco degli anni Settanta trapiantato nella Manhattan moderna, effeminato e stereotipato in modi che oggi possono anche non essere più offensivi, ma certo non brillano per inventiva.

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