Più leggo i romanzi di Lernet-Holenia, più mi vado persuadendo di quale grande romanziere sia, e di come sia immeritatamente poco considerato: ha senza dubbio le sue pattuglie di affezionati lettori, che magari si augurerebbero che fosse ancora vivo e potesse scrivere altri libri; ma nel panorama generale dei lettori siamo pattuglie deboli e sparute. Questo romanzo piuttosto breve non è dei suoi più citati ed apprezzati: ma io l’ho trovato un gioiello. L’idea non è nuova: durante la prima guerra mondiale un certo sottotenente Keller degli ussari “Re di Hannover” (stranamente un tedesco, quindi, e non un austriaco) dopo un’offensiva in Polonia rimane per disgrazia dietro le linee russe, e non può rientrare al suo reggimento; per non cadere prigioniero è costretto quindi a travestirsi da donna, e finisce al servizio d’una famiglia di nobili polacchi: l’estrema giovinezza e le fattezze molto delicate lo aiutano e rendere credibile la recita. In qualità di giovane cameriera, però, Keller diventa l’idolo di tutti gli uomini che gli passano vicino, dando il via a tutta una serie di situazioni comiche o pericolose: Holenia nota con malizia, tuttavia, che di per sé le sembianze del sottotenente in veste femminile sono soltanto quelle d’una ragazza mediamente carina. Insomma, pare che ad essere destato in tenenti e generali russi, gentiluomini e garzoni di stalla non sia l’istinto verso la grazia muliebre, ma verso la bellezza maschile, sia pur velata fra i panni da contadinella: e con quest’idea l’autore giuoca divertito per tutto il libro. Sottile anche l’ironia nei confronti delle istituzioni militari e dell’eroismo da bollettino ufficiale: l’unico eroe vero della storia è un personaggio che peraltro compie un atto di tradimento (ma su ciò noi italiani, che abbiamo dedicato strade, piazze, caserme e scuole ai varî Sauro e Battisti, non ci dovremmo granché scandalizzare), sia pur giustificato da un’enorme iniquità che aveva subito, che sarà destinato a rimanere oscuro, tranne che a noi lettori; mentre Keller, il quale non ha fatto altro che starsene nascosto in attesa che arrivino i tedeschi, senza volerlo e senza sapere il vero perché finisce acclamato eroe di guerra e decorato Pour le Mérite. Holenia, come sempre, si rivela un narratore abilissimo, che t’inchioda alla pagina: quando parla di uniformi, schieramenti e bandiere, poi, diventa come sempre affascinante: i dolman, la canutiglia, le cordelle, i nastri con le decorazioni, le dragone fregiate, le sciabole agitate contro il nemico, i colbacchi, le gualdrappe dei cavalli, gli squilli di trombe, le nuvole di polvere, tutto ha una concretezza visiva quasi cinematografica; e d’altronde il Nostro lavorò per il cinema. La Grande Guerra, l’ultima combattuta dal vecchio Impero, fu in realtà più che altro lentissima carneficina fra trincee, gas venefici e artiglierie: ma il grande scrittore austriaco, che vi combatté come ufficiale dei dragoni, preferì sempre ricordarla come l’aveva vissuta lui, con le cariche di cavalleria a sciabola sguainata sotto gli antichi stendardi laceri e gloriosi.