Storie di noi brava gente che fa fatica, s'innamora con niente...
Nella commedia in versi martelliani di Carlo Goldoni Il medico olandese, tra la varia clientela internazionale del dottor Bainer di Leida (c'è anche il beone fiammingo: "Un pessimo negozio, lo veggo nel sembiante."/ "Io sono il colonnello marchese di Croccante!") compare Monsieur Guden, polacco ipocondriaco: segno, questo, che una propensione polacca per gli umori saturnini era risaputa e accreditata già nel Settecento; sui suoi riverberi nel pianismo chopiniano sono scorsi fiumi d'inchiostro, anche a sproposito; e un ultimo riflesso, assai meno nobile ed anzi farsesco di questo luogo comune lo davano ancora, pochi anni or sono, le scenette di Kripztak e Petrektek a Zelig. I polacchi però vedono sé stessi in modo diverso: in questo gustoso romanzo d'un giovane autore polacco, ad esempio, quello che Goldoni avrebbe definito ipocondriaco è Christian, un ragazzo gay tedesco molto carino e sensibile, ma pieno di paure, nevrosi e fisime: tanto per dire, soffre di crisi di panico, crisi di pianto, fa un salto ogni volta che qualcuno lo tocca; "Don't touch me, I'm a real live wire!", commenterebbero i Talking Heads. A dir il vero, ne ha ben donde: Christian è fuggito a Cracovia dalla casa di sua sorella a Monaco di Baviera, dove viveva e frequentava studî di polacco all'università, dopo aver vissuto una relazione clandestina con un artista fallito e maudit(col bel nome d’arte di Sicko) che della sorella è anche il compagno; quella che per un francese costituirebbe occasione di pochade, per la Tiefe tedesca diventa causa di sindromi psicosomatiche: e dire che il ragazzo è bavarese; se fosse prussiano, si ammazzerebbe come il giovane Werther. I suoi nuovi amici polacchi che man mano incontra - sinché fra di essi non troverà anche l'Amore - sono invece quanto di più mercuriale si possa immaginare. Altro che ipocondria! Qui è tutto battute di spirito e divertimento fra localini e appartamenti strapieni di gente in festa. Le pagine sono pervase da un soffio godibilissimo di gioia di vivere, che pian piano conquista e scioglie anche il cuore timoroso e raggelato del ragazzo monacense. Come altre opere di quella che una volta era una collana dell'editrice Playground ed ora si chiama Syncro/Europa, la stesura del testo ha occupato, a quattro mani, l'autore polacco e un redattore italiano; tendenzialmente questi, che funge da consulente editoriale, sarebbe dovuto intervenire a togliere di mezzo o perlomeno a smussare qualche asperità nell'intreccio, che in una narrazione altrimenti fluida e godibile stona un po': soprattutto i due personaggi di Radoslaw e dell'artista compagno della sorella di Christian escono di scena in modo troppo brusco, e di quest'ultimo non si spiega il silenzio dopo tanto affanno nel cercare l'oggetto del suo desiderio; ma si capisce che, com'era necessario per provocare una crisi di nervi al protagonista, da cui fare scaturire la svolta nella trama, così era opportuno anche toglier di mezzo subito un personaggio diventato inutile e ingombrante: ma la cosa è stata gestita in modo alquanto goffo. Per il resto, invece, il romanzo è costruito con garbo e soprattutto con una calibratura giusta dei tempi narrativi, con una luminosità primaverile, con una levità d’accenti e con una simpatia umana nel ritrarre le svariate figure che popolano le pagine, da scorrere via come un torrente fresco e fluvido di fulgore. Si avverte anzi continuamente un senso di liberazione, di leggerezza, di giovinezza, che, pur senza momenti seriosi e didascalici, fa capire come la Polonia odierna, scosse le nebbie della dittatura, del grigiore bolscevico e d’un cattolicesimo afflitto e in perpetua quaresima, sia percorsa da fermenti urbanissimi e giocondi. Eppure ad esempio il violoncellista Jakub, che s’innamora di Christian ed è l’io narrante nella seconda parte del romanzo, è un gay diversissimo da quello che potrebbe essere il ventenne gayo medio di Londra, Milano o Berlino; la diffusione d’un principio nuovo di civiltà non comporta, come berciano gli omofobi, un appiattimento culturale su modelli anglosassoni, e si può essere gay in ogni angolo d’Europa senza rinunziare alla propria indole o alle proprie specificità culturali. Ma soprattutto questa è una storia d’amore gentilissima e tenera, e scritta con semplicità e gusto, come se ne vorrebbero leggere tante al posto di troppa letteratura sussiegosa, noiosa e penitenziale.