recensione diMarco Valchera
Mai avuto una famiglia
Tra i numerosi ed entusiastici commenti sul romanzo d’esordio di Bill Clegg, importante agente letterario americano, spunta anche quello di Michael Cunningham. Non sorprende che l’autore de Le ore abbia parlato di una “ voce lirica e ricca di sfumature” e di “un’implacabile visione tragica”: Mai avuto una famiglia – anche se è preferibile il titolo originale Did You Ever Have a Family, a mo’ di domanda e non di affermazione quasi ribelle – condivide molto con la prima letteratura di Cunningham, in primis la decisione di affidare i capitoli a personaggi differenti e il non eccedere mai nel melodrammatico. Bill Clegg, che viene lui stesso da una vita difficile e di dipendenze, ci racconta una storia tragica costruita non su lacrime o sentimenti spiattellati sulla pagina, quanto sui silenzi. E in un dolore punitivo e muto decide di vivere la protagonista June, affascinante donna cinquantenne che ha appena perso la figlia Lolly e il futuro genero nell’esplosione della sua casa a un giorno dal loro matrimonio. A caderne vittima è anche Luke, il suo fidanzato di colore, più giovane di venti anni, che ha avuto un passato burrascoso e problematico, di cui, però, non ha colpe.
La decisione di Clegg di puntare su ciò che avviene dopo una simile tragedia lo ha spinto intelligentemente a inserire l’evento nelle prime pagine, al fine di poter analizzare i pensieri e le sensazioni di una cittadina pettegola e malevola di provincia: per cui si susseguono le voci di colui che si è occupato del catering, della fioraia, dell’aiutante giardiniere di Luke. È un romanzo corale, e per lo più al femminile: a dividere la scena con June, infatti, c’è Lydia, la madre di Luke, una donna posta ai margini della società per aver dato alla luce un figlio nero, quando era sposata con un bianco ubriacone e violento… Grazie ai loro ricordi, ci è permesso di conoscere a ritroso ciò che è avvenuto negli anni e nei giorni prima dell’esplosione, anche per capire se a causare la stessa sia stato Luke, come le malelingue dicono, soprattutto a causa del colore della sua pelle.
È un romanzo di silenzi, dicevo: June decide di fuggire e di ripararsi presso un motel sull’oceano, senza parlare con nessuno e mangiando a malapena. Qui viene a contatto con Cissy, erede di una tribù locale e donna delle pulizie, che sceglie di prendersi cura di lei, e con Rebecca e Kelly, una coppia di lesbiche che hanno deciso di fuggire dalla città e rilevare il motel per ricominciare a vivere dopo una tragedia che le ha colpite. Ben presto però June e Lydia dovranno affrontare la verità e una sorta di catarsi.
Selezionato per il Man Booker Prize, Mai avuto una famiglia è un’opera prima di struggente profondità e bellezza.