Il giustiziere di mezzogiorno

28 febbraio 2018

Mentre i poliziotteschi e i thriller approfondivano la tematica della giustizia privata sulla scia del successo de La polizia ringrazia e del suo cugino americano Una 44 Magnum per l'ispettore Callaghan, Mario Amendola e Bruno Corbucci – inarrestabili macinatori di parodie – aspettavano guardinghi l'occasione più propizia per inserirsi di sguincio nel filone. L'uscita de Il giustiziere della notte (attestatosi al 23° posto tra i maggiori incassi della stagione 1974-75, tra un Sordi e un Comencini) fornì al vorace duo uno spunto imperdibile; inoltre, per una concomitanza felice (almeno per loro), Amendola e Corbucci poterono avvalersi della selvatica maestria di Franco Franchi, ormai freelance.

Nonostante la qualità oltremodo scadente dei film che gli venivano offerti in quel periodo, Franco-senza-Ciccio era ancora in forma davvero smagliante, come dimostra qualche frammento di Ku-Fu? Dalla Sicilia con furore assieme a Ultimo tango a Zagarolo. Dopo avergli visto rivisitare il Marlon Brando di Ultimo tango a Parigi, doveva essere una tentazione irresistibile affidargli una rilettura del Charles Bronson de Il giustiziere della notte.

Ma anche se la bronsonizzazione di Franco funziona come previsto, grazie a qualche minimo aggiustamento (l'architetto Kersey viene degradato a geometra), il film risultante, Il giustiziere di mezzogiorno, non è troppo appagante. Nella pigra sceneggiatura, il Geometra Gabbiani – un po' come il Pippo Franco degli imminenti film pseudo-satirici del Bagaglino – è vittima di tutte le storture della società: a subissarlo non sono tanto i giovinastri violenti che rovinavano la vita a Bronson, quanto primari altezzosi, capiufficio corrotti, assessori avidi... insomma la marmaglia di scioperati senza senso civico che avvelena la vita dell'archetipico “uomo della strada”. La prima parte del film, dedicata ai soprusi, è un po' più divertente della seconda – fin troppo pedissequa – incentrata sulle vendette, in cui Franchi imita i metodi di Bronson massacrando dei teppistelli con una calza piena di monetine.

Tra i pochi alleati del Geometra Gabbiani figura un suo devotissimo collega, interpretato da Aldo Puglisi: quando Gabbiani viene piantato in asso dalla moglie, questi si trasferisce a casa sua, sostituendo la consorte quasi in tutto e per tutto, e vestendone anche i panni. Gabbiani - checché ne dica - non parrebbe troppo scontento della sostituzione (benché Franchi resti “al di sopra di ogni sospetto” di omosessualità), salvo poi risentirsi quando una libidinosa collega (Maria Antonietta Beluzzi) comincia a fare congetture sul suo nuovo “ménage familiare”. Il rapporto tra Gabbiani e il collega ha sviluppi curiosi, allorché questi viene a conoscenza delle sue attività segrete di vendicatore, diventandone assistente particolare come Robin per Batman. Ad ogni modo, quando l'epopea del giustiziere si esaurisce, Gabbiani si ricongiunge con moglie e figlia, le quali – per ragioni a noi ignote – lo hanno rivalutato.

Il caratterista catanese Aldo Puglisi aveva già interpretato un gay in Nonostante le apparenze... e purché la nazione non lo sappia... All'onorevole piacciono le donne (1972) di Lucio Fulci, a suo tempo capace demiurgo della coppia Franco e Ciccio. In quest'altra pellicola, Puglisi era l'autista “arrusu” di Lando Buzzanca, il quale incarnava un politico democristiano sospettato di omosessualità, truccato come l'allora Presidente del Consiglio Emilio Colombo, sospettato a sua volta... ma con maggior fondamento.

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