recensione diElena Romanello
Il priorato dell'albero delle arance
Da tempo le storie di genere fantastico hanno inserito al loro interno vicende GLBTQ, con risultati in generale abbastanza interessanti, come capita nel poderoso e travolgente romanzo Il priorato dell'albero delle arance di Samantha Shannon, uscito per Mondadori nella collana Fantastica.
Una storia autoconclusiva anche se qualche spunto per un seguito c'è, con echi dei Sette Regni di George R. R. Martin ma soprattutto della narrativa fantasy al femminile e femminista iniziata anni fa grazie ad autrici come Marion Zimmer Bradley. La vicenda si snoda attraverso vari personaggi, che vivono in un mondo diviso tra Occidente, Oriente e Meridione, con echi di quello reale del passato, dove mille anni prima il drago Senza Nome è stato sconfitto e imprigionato con i suoi accoliti, ma che ora minaccia di tornare, diffondendo una malattia mortale chiamata peste draconica.
Sulla sconfitta del Senza Nome girano versioni contrastanti: in Occidente domina la lunga dinastia delle regine Berthnet, le cui antenate sconfissero il drago. L'ultima di loro è Sabran, non più giovanissima, che ha visto la sua famiglia decimata per colpa di complotti e intrighi e deve assolutamente sposarsi per partorire l'unica figlia che potrà dare alla luce, perché la dinastia continui e il Senza Nome non torni libero.
In Oriente si racconta che il Senza Nome è stato sconfitto dai draghi d'acqua presenti ancora in quel mondo: lì vive Tané, una ragazza che si sta preparando a diventare cavaliere dei draghi, che commette l'errore di ospitare un clandestino proveniente dall'Occidente e per questo deve scappare, dove aver visto morire la sua migliore amica e probabile fidanzata.
La terza protagonista di questo affresco viene dalle terre meridionali, dove c'è il priorato tutto femminile che dà il titolo al libro, ed è Ead Duryan, figlia di un eretico e membro di un ordine che combatte chi vuole far tornare il Senza Nome, dotata di poteri magici e mandata alla corte della regina Sabran per vegliare su di lei, dove la magia è proibita.
Tre donne quindi, tre archetipi del genere, la regina, la guerriera e la maga, in un romanzo in cui emergono varie sottotrame, che parte un po' in sordina ma poi recupera volando verso il gran finale, dove si parla di scontro di civiltà, di lotta per il potere, di costo del medesimo, in quello che sembra un matriarcato e non lo è. In mezzo alla vicenda, o meglio alle vicende, c'è anche spazio per una storia lesbica, oltre a quella accennata di Tané, che coinvolge Sabran e Ead, due donne diverse ma che si trovano unite dalle circostanze, dai lutti, dalla contastazione della maga che la sua regina è sola, desiderosa di affetto, prigioniera di un trono soffocante con usanze obsolete che bisognerebbe distruggere insieme alla minaccia del Senza Nome.
Un libro avvincente, per chi ama il fantasy ma anche per chi ha a cuore appunto certi temi, dove la storia lesbica non è scontata né melensa, è funzionale alla trama ed è alla fine l'unica speranza di poter cambiare in un mondo disperato e legato a tradizioni soffocanti.
I libri precedenti dell'autrice, di fantascienza distopica, sono già stati opzionati per una serie televisiva, ma sarebbe bello vedere anche una trasposizione di questa storia d'incanto e lotta, racchiusa in una cornice curata dal punto di vista grafico che porta subito in terre popolate da magia e draghi.