recensione diMarco Valchera
Jonathan Coe, Bournville
Seguiamo, passo dopo passo, le vicende di Mary da giovane bambina fino alla fine della sua vita: dalla sua infanzia, quando si rende conto di vivere in un'isola e assiste a un atto di odio xenofobo nei confronti di un uomo di origine tedesca, al suo matrimonio con il taciturno e anaffettivo Geoffrey (comico è l'unico momento in cui lui si lascia andare a un pianto disperato), dal suo ruolo di madre di tre figli maschi fino a quello di nonna che, con grande dolcezza, non riesce a posizionare correttamente la videocamera del tablet per potersi collegare con i familiari a causa del lockdown, mostrando loro solo la propria fronte.
Una Mary che non condanna mai le decisioni prese o le scelte fatte, come il rinunciare a una carriera da pianista per la famiglia, e che ama profondamente i suoi figli, così diversi fra loro: il conservatore e macchiettistico Jack, emblema di un capitalismo ottuso, che pensa solo al proprio tornaconto e a coltivare il proprio orticello, disinteressandosi dei problemi dell'umanità come il global warming; il lobbista Martin, che cerca di difendere al Parlamento Europeo la cioccolata inglese Cadbury condannata per i suoi grassi nella "guerra del cioccolato" e crea grande scandalo sposando una ragazza di colore tanto da spingere il padre a organizzargli un appuntamento al buio con la sua segretaria bianca in una scena tragicomica; il timido musicista Peter, dall'animo sensibile, condannato a un matrimonio infelice, che piano piano scopre se stesso e la sua omosessualità e che tenta, ormai quasi sessantenne, di ricostruire il passato familiare, nonostante i silenzi materni.
Bournville è un romanzo intriso di una certa malinconia, mai smielata, soprattutto nella parte finale, a causa dell'isolamento che tutti noi abbiamo vissuto negli ultimi anni: fatto salvo Peter, che nel suo piccolo giardino, prova gioia nello stare da solo con i suoi libri, Mary, ormai anziana, sente, invece, la mancanza del contatto umano, dei suoi nipoti visti solo dalla finestra di casa, di poter guidare anche a causa dell'età, e così, decide di violare qualche norma per poter tornare a rivivere, per un attimo, il ricordo della fanciullezza.
"L'Inghilterra non cambia": l'autore, al suo solito, guarda con tagliente ironia alle vicende britanniche, come nel caso della folla per i funerali di Diana e del fanatismo intorno alla figura della "principessa del popolo", ma anche con grande amarezza. La si percepisce nei riguardi della storia più contemporanea del suo paese, nel ritratto satirico di Boris Johnson e della sua inaspettata ascesa politica, e, in particolar modo, nella finale "Nota dell'autore", in cui Coe ci informa che la propria madre è recentemente morta da sola poiché lui - come molte famiglie - ha seguito le norme di isolamento anti Covid, a differenza degli occupanti del numero 10 di Downing Street (i party abusivi organizzati dall'allora primo ministro).