recensione diGabriele Strazio
Come accalappiare un uomo, come tenerselo stretto e come scaricarlo [1970 e 2005]
Di Aldo Busi - scrittore italiano ne sappiamo già di tutto un po' e sempre un poco di più, ma che dire dell'Aldo Busi traduttore?
Sbirciando nella bibliografia pubblicata a fine di ogni suo volume (Mondadori, per lo più) troviamo un elenco delle opere tradotte in italiano dall'autore; siccome i prodotti professionali, quali quelli artistico-letterari sono o si dovrebbero proporre di essere, vivono sempre un'evoluzione tutta propria, non capita di rado di imbattersi in curiosi ibridi, con alle spalle una genesi assolutamente particolare, spesso atipica. Come ad esempio in questo caso.
Non era credibile che il nome e il volto del traduttore, per quanto illustre, comparissero direttamente in copertina, così come mi riusciva difficile immaginare Aldo Busi alle prese con un'opera scritta gomito a gomito con una seconda persona; in effetti si trattava di altro, che non era né proprio l'una né l'altra cosa. Di una traduzione, vuoi o non vuoi, alla fin fine si tratta, ma non in senso stretto.
Nel 1970 venne pubblicato in America "How to catch a man - How to keep a man - How to get rid of a man", manualetto almeno nominalmente ad opera della Diva-divina Zsa Zsa Gàbor, attrice (anche quello almeno nominalmente, vista la sua non vasta fama cinematografica), tra le pochissime ad essere riuscita a crearsi un solido personaggio da usare nella vita, in barba a tutte quelle professioniste da celluloide che ne possono vantare magari decine, ma che non mettono mai un tacco che sia uno al di fuori del grande schermo: una vera Diva deve prima di tutto saper camminare nella vita.
La nostra Zsa Zsa professa principalmente l'arte del matrimonio, nel suo caso in dottrina non necessariamente scisso da un relativo divorzio: ed eccolo qua, pronto all'uso, il suo catechismo tripartito nelle principali tappe di un rapporto uomo-donna realmente alla pari, vale a dire dove il coltello dalla parte del manico ce l'ha l'uomo solo perché è stata la donna a porgerglielo con garbo, come e quando ha creduto opportuno farlo.
Busi ci dichiara aver cominciato la traduzione solo per diletto; successivamente, taglia e cuci di qua, tira e lustra di là, si è ritrovato a compiere un vero e proprio rifacimento dell'intero volumetto tra le sue mani, ridando nuova vita laddove l'avesse persa o inserendola ex novo di sua mente e di suo pugno, senza andare minimamente a scalfire la perfetta messa in piega voluta (fortissimamente) dall'autrice in origine.
Anzi, tanto è stato che Aldo Busi si è lasciato andare ad una bilaterale contaminazione, da lui a lei e da lei a lui, da non rendere più visibilmente distinguibili né personaggi né pensieri, ruoli o volontà.
Dove sta, quindi Zsa Zsa? E dove è mai finito Busi?
Una sbarazzina reinterpretazione della Zsa Zsa di allora, oggi.
Perché, se è vero che ogni vera Diva è un'invenzione della mente maschile, vestendone i panni non si può che finire necessariamente col diventare altro da sé stessi.
Non una, ma due volte almeno.