recensione diAngela Siciliano
Bambolona, La. Romanzo del 1967.
Un avvocato quarantenne, Giulio, ben avviato negli affari, ancora scapolo (per vocazione naturalmente), di famiglia ricca e antifascista, si infatua di Ivana, incontrata per strada, anzi vista da dietro più che in faccia... e seguendo quei fianchi incantatori, ha cominciato una relazione in un certo senso clandestina, cioè all'insaputa del proprio ambiente e della propria famiglia (se ne vergognerebbe).
Lui è uno che sa come manipolare la legge e le persone, soprattutto i dipendenti e le donne. Queste ultime le cambia almeno due volte l'anno, una per l'inverno, una per l'estate, mai le stesse.
Tutte sono benestanti, sole, separate dai mariti ma impedite dalla legge a creare un nuovo matrimonio, hanno il personale di servizio, l'auto, gusto e tatto, e lo riempiono di regalini costosi ed eleganti; e quando vengono lasciate, morbidamente, con una tecnica e una strategia il più indolore possibile, gli restano amiche, piene di gratitudine quasi materna.
L'unica diversa è Daria, avvocato anche lei, la quale l'ha lasciato un paio di giorni prima che lui lasciasse lei... (cosa che ancora lui non riesce a capire del tutto), e gli legge nell'anima come in un libro aperto... cosa che lo infastidisce molto.
Giulio si muove in una Roma tanto provinciale quanto anonima: basta dire le bugie giuste, evitare determinate strade, cambiare quartiere, trattorie, gioielliere, insomma scendere o salire da una classe sociale all'altra (nel 1967 ancora molto evidenti), per ritrovarsi in una Roma diversa, ed essere, volendo, un'altra persona.
E di queste bugie, di questi itinerari romani e sociali, Giulio si serve ampiamente per ottenere lei, una bambolona di carne, un essere femminile che non è ancora una donna, sformata dai chili dell'adolescenza, pacchiana, educata con una mentalità indietro di almeno trent'anni; è una che viene dal sud, quello povero e prigioniero delle tradizioni patriarcali che giustificano, e anzi le impongono, di coltivare la sua personalità passiva, arrendevole, doverosamente mansueta.
Ivana è appetitosa, un bocconcino miracolosamente ancora vergine, un'ossessione costante per Giulio, che per averla costruisce una serie di menzogne credibili e assurde allo stesso tempo, e intanto sospetta altrettante menzogne e ambiguità da parte dei genitori di Ivana e da Ivana stessa.
Sospetta e furbamente crede di prevenire ogni possibile danno con ulteriori inganni ma, un po' alla volta, credendo di portare le cose a proprio vantaggio, è arrivato a stabilire persino la data delle nozze.
Giulio ha il permesso di frequentare la casa di Ivana, quotidianamente, ma può vedere "la fidanzata" solo in presenza della futura suocera; ogni occasione, dunque, anche di trenta secondi, è buona per palparla, tastarla, insinuarsi tra i vestiti di lei, come un adolescente alle prime esperienze.
La remissività di lei nel lasciarglielo fare e nello stesso tempo la durezza con cui respinge ogni altra carezza "definitiva" lo convince dell'autenticità di tutta la famiglia, dei suoi valori meridionali e di classe, quella impiegatizia.
Ad un certo punto regala alla ragazza una pietra preziosa, costata troppo rispetto al valore della ragazza - pensa Giulio, ma senza riuscire a fermarsi nell'acquisto - e risolve alcuni problemi economici della famiglia, spendendo altre somme cospicue, sentendosi così facendo, autorizzato ad usare la ragazza per le proprie voglie attuali e soprattutto quelle future.
Furbescamente sta già pensando, una volta che avrà consumate le nozze, a come poter far annullare il matrimonio e riprendersi almeno la pietra preziosa, dopo "la macelleria" (come lui stesso chiama lo sverginamento della sua futura sposa, parlando con se stesso). Macelleria che non ha mai apprezzato, ma è tutto quel prima che lo eccita, in tutti i sensi.
Quel prima che sta coltivando giorno dopo giorno, manipolando e imbrogliando.
Il colpo di scena arriverà (anzi i colpi di scena, perché le veritá sembrano accavallarsi e contraddirsi fino alla fine), e la bambolona non è l'imbecille rosea e innocente che credeva e sperava fosse, ma una furbona che ha usato lui fin dal primo momento, con la complicità di un coetaneo, Gigino, suo amante, e anche insieme ai genitori che si sono prestati al gioco per sfruttare la situazione, economicamente.
Nessun matrimonio dunque, e neanche un coito liberatorio, solo il pericolo di una denuncia e la coscienza di esserci finito, dentro il pericolo, di propria testarda iniziativa.
Dice Ivana in un ultimo incontro:
"Papà e mamma sono così; né carne né pesce. Io li odio perché, quando ero piccola, mi dicevano sempre: copriti, copri la vergogna, tutto era vergogna e porcheria, e poi mi sono accorta che non contavano altro che su quella vergogna, su quella porcheria, per risolvere la vita...Noi sappiamo quello che vogliamo, almeno: vogliamo i soldi. Gigino mi diceva: Un'altra occasione così, non ci capita davvero."
Tra i personaggi di contorno c'è anche il domestico di Giulio, Diodato, il quale è un omosessuale, un gay diremmo oggi, ma l'autrice lo lascia chiamare dagli altri personaggi e da se stesso "invertito" e altrove anche "pederasta".
In quegli anni queste erano "le parole per dirlo". Il linguaggio del libro è comunque molto moderno e libero.
Diodato soffre per un giovane che lo raggira, che sembra affamato di soldi ad ogni costo, ottenendoli in qualunque modo; sono del resto gli anni sessanta, del cosidetto boom economico italiano: tutti vogliono tutto, senza spirito critico, tutto e subito.
Ma in ogni caso, la relazione reciprocamente rispettosa e quasi affettuosa tra l'avvocato ultravirile e fissato con la carne femminile e il domestico gay, vittima innamorata della persona sbagliata, è descritta senza pregiudizi né morali né di classe.
Il romanzo io l'avevo letto la prima volta, quando avevo 19 anni: questo e altri della stessa autrice. Strada facendo, dovendo allegerire il bagaglio durante i vari traslochi, non ho conservato niente di lei (come di molti altri), ma una decina di anni fa ho trovato La bambolona per caso, dentro una cassa di libri usati, in italiano, qui a Copenaghen. L'ho conservato promettendomi di rileggerlo ma soltanto ora mi sono data il tempo di farlo, 32 anni dopo la prima lettura... non è mai troppo tardi e il tempo è sempre un concetto molto relativo!
Rileggendolo l'ho trovato gustosissimo, grasso direi, molto moderno in un certo senso. E se alla prima lettura mi era stato facile identificarmi con la ragazzona con lo sporcaccione alle calcagna, cioè pedinata e molestata dallo scapolone che poteva essere suo padre, adesso mi è venuto più spontaneo riconoscermi nelle elucubrazioni dell'avvocato quarantenne, sul tempo che passa, il senso della vita e dei rapporti personali, erotici e sentimentali.§
Dal libro è stato realizzato un film, di Franco Giraldi, con Ugo Tognazzi e Isabella Rei (1969). Film che non ho visto.
Alba de Céspedes (Roma 1911- Parigi 1997) era italo-cubana, di padre cubano e madre italiana ma scrisse soprattutto in italiano.
Il suo primo romanzo è del 1938: Nessuno torna indietro. Il regime fascista voleva censurarlo e ritirarlo, il libro però fu difeso dalla casa editrice (Mondadori) con forza, e il romanzo divenne un successo internazionale. Anche i racconti di Fuga (1940) furono "fermati" dalla censura fascista.
Partigiana con il nome di Clorinda, dopo la liberazione di Roma collaborò a Radio Bari e fondò e diresse la rivista letteraria "Mercurio" (1944-1948), che ebbe tra i primi collaboratori Hemingway, Aleramo, Moravia.
Alba de Céspedes collaborerà anche al giornale "Epoca", con una rubrica: "Dalla parte di lei" che sarà anche il titolo di un suo romanzo del 1949.
E poi, tra i vari lavori: Quaderno proibito del 1952 e Le ragazze di maggio del 1970 (una raccolta di poesie sul maggio francese).
La critica, ogni tanto, ha cercato di affibbiare alla De Céspedes l'etichetta di scrittrice di romanzi rosa... ma chi l'ha letta sa che di rosa c'è molto poco nei suoi lavori, semmai ci sono il rosso passione-politica, il giallo tensione-morale e il verde lucidità-analitica!
La De Céspedes che negli ultimi anni si era divisa tra Roma e Parigi, ha pubblicato ed è stata tradotta - dice la quarta di copertina dell'edizione che possiedo, del 1973 - in più di 29 paesi.
Le sue carte raccolte nel corso della vita, sono state donate dalla scrittrice stessa agli Archivi Riuniti delle Donne, di Milano. La coerenza di una vita!
Aggiungo dunque tra i colori del lavoro della De Céspedes il viola coerenza-conseguente.
Per ulteriori informazioni sull'autrice suggerisco questa pagina di wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Alba_de_C%C3%A9spedes
E questa pagina: http://erewhon.ticonuno.it/riv/storia/decespedes/alba.htm
E questa: http://erewhon.ticonuno.it/riv/storia/decespedes/alba2.htm