recensione diMauro Giori
Festa per il caro incarcerato Smitty
Cosa fanno un italiano, un americano e un ebreo, in prigione insieme? Non fanno ridere, di sicuro: non è infatti l'inizio di una barzelletta, ma piuttosto di una tragedia nella quale i tre suddetti carcerati, finiti in prigione per reati diversi, giocheranno al massacro l'uno con l'altro. Perché? Perché sono tutti gay (com'è piccolo il mondo!), e si ritrovano in un carcere pieno di gay (com'è strano il mondo!).
In disgrazia alla fortuna e agli occhi degli uomini è uno dei film gay più discussi dei suoi anni, una sorta di Festa per il compleanno del caro amico Harold in versione carceraria: vi ritroviamo la stessa crudeltà psicologica, lo stesso cinismo, lo stesso gelidume nei rapporti tra i personaggi, le stesse gelosie. E anche in questo film tali e tante discutibili qualità psicologiche sono concentrate al loro massimo grado nel personaggio più scopertamente omosessuale (leggi più effeminato, e quindi ovviamente provvisto di una certa inclinazione per il travestitismo, giusto per non smentire nessuno stereotipo: non è che si butta subito tutto solo perché c'è appena stato Stonewall…).
In più c'è qualche pruriginosa scena di nudo, voluta dal produttore dopo aver visto una messinscena teatrale con protagonista Sal Mineo. Vito Russo racconta di come il primo regista del film, Jules Schwerin, che voleva girare un'opera vicina all'originale teatrale in cui John Herbert invocava una riforma carceraria, sia stato rimpiazzato da Harvey Hart, che invece trasforma il testo originario in un exploitation movie, in accordo con la volontà dei produttori. Il film si è attirato così una quantità di critiche. Alcune decisamente appropriate, perché la struttura regge male di fronte a certe scelte del regista e, nonostante ripetute scene verbose, i personaggi non vengono realmente approfonditi, tanto che alcuni loro sviluppi appaiono decisamente ingiustificati, compromettendo la resa del film nel suo complesso, indipendentemente dal "tradimento" degli intenti originari di Herbert.