recensione diMassimo Basili
Il mio nome è Nerone
L'autore giapponese Yoshikazu Yasuhiko (Yas) ha rivisitato figure chiave della Storia spesso accusate di essere fanatiche o crudeli, talvolta strumenti nelle mani di forze più grandi di loro (vedi Pride nn. 87 e 96 con i suoi Alessandro Magno e Giovanna d'Arco). A queste caratteristiche non sfugge Lucio Domizio Enobarbo, ultimo esponente della dinastia Claudia che regnò a partire dal 54 d.c col nome di Nerone, in uno dei periodi massima espansione politico-militare dell'impero romano. Salito al trono a soli diciassette anni in seguito all'omicidio dell'imperatore Claudio da parte della madre di Nerone, Agrippina, che pensava di governare attraverso il figlio, Nerone si dimostrò all'inizio saggio e moderato sotto la guida del filosofo Seneca, per poi trasformarsi in un tiranno sanguinario. La storiografia più recente tende ad addolcire la sua personalità e ad assolvere Nerone dall'accusa di aver provocato il celebre incendio di Roma. Così fa Yas, ma l'autore non esita comunque a dipingerlo come un antipatico e sgradevole pusillanime, assecondando i pettegolezzi tramandati da Tacito, Agrippina e Svetonio, nonché la propaganda dei primi cristiani. Come nelle altre sue opere storiche, Yas racconta le vicende di Nerone attraverso gli occhi di un personaggio laterale: qui è un prestante gladiatore germanico soprannominato Remo, per il quale Nerone prova del tenero e al quale si rivolge nei momenti di difficoltà. Però Remo disprezza i lascivi costumi dell'imperatore, come i riti orgiastici durante i quali Nerone faceva immobilizzare efebi nudi che poi assaliva e possedeva vestito di pelli di leopardo, o che castrava per poi simulare di sposarli. La descrizione accurata delle usanze romane anche in materia sessuale è solo uno degli aspetti che rendono gustosa e appassionante la lettura di questo fumetto, sorvolando su un certo fastidio col quale Yas descrive i personaggi omosessuali, a partire da Petronio Arbitro, l'autore del Satyricon.