recensione diGiovanni Dall'Orto
Kukla [The doll] (Andrej Danilko, 1995).
(Nel caso non funzionassero i link, fare clic qui).
Andrej Danilko è un cantante ucraino, diventato famoso grazie al personaggio comico en travesti di Vera Serduchka, una matronale cantante molto diva e molto volgarotta.
Grazie al successo ottenuto come "Platinette d'Ucraina", è stato possibile a Danilko proporre sotto il suo vero nome, nel cd Posle tebja, una serie di pezzi musicali seri, e perciò d'impatto commerciale minore.
Danilko ha dichiarato (se sono attendibili le traduzioni artigianali delle sue interviste rinvenibili in Rete) che ha concepito queste composizioni per accompagnare idealmente spettacoli circensi.
Si tratta di composizioni a metà strada fra la musica leggera e la musica classica, pezzi evocativi e "d'atmosfera", segnati da una forte vena Romantica.
Sono brani musicali nudi, privi di parole. Dunque, non possono avere testi a tematica gay. Nel caso di questo videoclip, però, ci pensano le immagini a inserire suggestioni omoerotiche, aggiungendole alla narrazione, così come accade anche in un altro filmato creato per lo stesso compositore: "Posle tebja" ("Dopo di te").
Il video è una lunga, amorosa disanima d'un giovane artista di circo (un "pagliaccio triste"), l'attore Yuriy Avramenko, presentato nel camerino mentre si trucca e si prepara allo spettacolo, in una breve apparizione sul palcoscenico mentre ringrazia il pubblico, e subito dopo mentre si lava dal trucco, pensieroso.
Buona parte dell'attenzione del regista ruota attorno alla sua bellezza piuttosto acerba e direi gracile (il protagonista ha molta grazia e certamente avvenenza, ma non ha certo un fisico muscoloso come quello di rigore nei videoclip statunitensi).
Il ragazzo viene anche mostrato a torso nudo: mentre fa una doccia, e mentre corre nella pioggia.
Il fim trabocca d'immagini simboliche (e personalmente ammetto che non sono riuscito a decifrarle). Ad esempio, mentre il ragazzo si lava, le piastrelle sul muro esplodono; una bimba che gioca e una bambola vestite nello stesso modo si alternano ai primi piani del protagonista; il ragazzo corre nella pioggia e a poco a poco si riveste...
Non comprendendo il russo, non ho potuto andare a cercare in Rete la spiegazione dei simboli. Desolato...
Alla fine il giovane malinconico apre una borsetta in velluto, e ne estrae un cuore in metallo, forse un dono, e sorride consolato, specchiandosi in esso.
È un pegno d'amore? Forse...
Allo spettatore gay balza immediatamente agli occhi il fatto che l'intero filmato è una specie d'inno e omaggio alla bellezza d'un ragazzo: il vero perno attorno al quale tutto ruota.
Lo spettatore eterosessuale, invece, privilegerà l'atmosfera tardoromantica, quasi oppressiva, concentrandosi sul personaggio notissimo del "pagliaccio triste" e ignorando il sottotesto gay.
L'ambiguità non si limita a questo. La bambola che dà il titolo al brano, e che appare sul tavolo di trucco del ragazzo, è un suo giocattolo? In altre parole: il ragazzo è forse "uno di quelli" che giocano con le bambole, ed è triste per questo motivo?
Oppure la bambola è il "doppio" del ragazzo stesso, come suggerisce il fatto che un paio di volte il ragazzo guarda verso lo specchio, e noi vediamo la bambola anziché il suo riflesso? Quindi il ragazzo non ha una bambola, ma è una "bambola", e daccapo è malinconico per questo motivo?
Oppure ancora, la bambola è il ricordo d'una persona amata, come la bimba che appare mentre gioca?
Il filmato non ci offre chiavi per sciogliere il dubbio... che in effetti è stato creato a bella posta.
Le immagini s'avvalgono dell'uso del rallentatore e d'una viratura verso il blu per raggiungere un'atmosfera cupa e malinconica, amplificata dalla musica lenta e solenne. Se a uno piace il genere romantico-malinconico, il risultato non è per niente male.
Oltre a ciò, la cura estetica è minuziosa fino all'esasperazione, la musica non sarà forse particolarmente profonda ma è gradevole e di facile ascolto, e la delibazione del ragazzo è molto tenera e struggente...
Il video che ne risulta non è per nulla brutto (anche se, dal punto di vista gay, è molto meno riuscito del testé citato "Posle tebja"), e si lascia guardare con piacere.