recensione di Mauro Giori
Psycho
Divenuto celebre per il film che ne trasse immediatamente Alfred Hitchcock, questo modesto romanzo di Bloch sfrutta un caso di cronaca di un paio di anni precedente per disegnare una figura allora inconsueta nel panorama letterario anche di genere, quella di un serial killer psicotico mosso da turbe sessuali.
Spesso attento agli insegnamenti della psicoanalisi, Bloch non solo dichiara apertamente «impotente» il suo Norman Bates, ma lo rende persino consapevole dei propri problemi edipici. Coerente con queste premesse, Bloch lo disegna anche ricorrendo ai tratti che la recrudescente psicoanalisi del tempo divulgava come propri di un'omosessualità considerata ancora come una patologia curabile, basandosi sulla teoria esposta da Freud in una nota nei Tre saggi sulla teoria sessuale e poi ancora, con toni più perentori, in Un ricordo d'infanzia di Leonardo.
Sebbene lo psichiatra, nella relazione finale, dicendo di sospettare che Norman «fosse un "travestito" segreto molto tempo prima della morte della signora Bates», si affretti a far notare che «i travestiti non sono di necessità omosessuali», è così evidente come Bloch mutui diligentemente e ossequiosamente tutti gli elementi tipici dell'eziologia dell'omosessualità propagandata dalla psicoanalisi dei suoi anni: narcisismo, identificazione con la madre opprimente con conseguente evanescenza dei tratti previsti dalla virilità tradizionale, e misoginia (arbitrariamente legata al rifiuto della donna come partner sessuale).
(Rimando chi fosse interessato a una lettura più approfondita - e a un'analisi relazionata al film di Hitchcock - al mio Alfred Hitchcock. Psyco, pp. 101-108).