recensione diGiovanni Dall'Orto
Love (2011). Nuovo filmato omoerotico dei Kazaky.
La "formula vincente" del primo videoclip viene (prevedibilmente) riproposta anche in questo secondo filmato dei Kazaky: quattro ragazzoni palestrati a torso nudo che ballano con tacchi a spillo d'altezza vertiginosa, strizzando sfacciatamente l'occhio all'estetica gay e camp.
Anche stavolta la musica, di tipo dance, è un motivetto banale destinato all'oblio nel giro di un attimo, ed anche stavolta il "testo" è costituito da quattro parole ripetute all'infinito.
Anche stavolta, insomma, il "prodotto Kazaky" fa forza quasi unicamente sul ballo, che è giudiziosamente coreografato ed amorevolmente confezionato in un clip in bianco e nero formalmente ben curato, anzi addirittura quasi leccato.
Esaurito l'effetto-sorpresa del "colpo di scena" dei tacchi a spillo, questa volta il regista punta molto sul fisico statuario e sul volto dei quattro ballerini, non a caso tutti degni di figurare come fotomodelli. Non esiste una narrazione: il video presenta un balletto con quattro bonazzi (ad un certo punto addirittura ripresi in "pose plastiche") e basta.
Forse ciò sarà anche banale e scontato, ma la formula ha pagato, come dimostra lo stesso canale Youtube dei Kazaky, che registra il vertiginoso moltiplicarsi delle loro esibizioni in giro per il mondo, anche come elemento coreografico di sfilate di moda (nelle quali i ballerini non sfigurano affatto al cospetto dei modelli in passerella).
Probabilmente l'annunciato terzo video dei Kazaky sarà anche l'ultimo in cui sarà possibile riproporre questa formula collaudata, visto che, esaurito l'elemento-sorpresa, chi guarda è portato a dire "l'ho già visto" anche di fronte al nuovo, data la ripetitività.
Resta il fatto che il "prodotto Kazaky" (tipico"fenomeno Internet" nato nella e per la Rete, grazie a Youtube) dimostra come ormai il disinvolto utilizzo deliberato ed esplicito dei gay quale pubblico trend-setter funzioni anche in realtà decisamente chiuse verso l'omosessualità, come l'Ucraina.
Ovviamente il "prodotto Kazaky" è stato pensato più per il consumo all'estero che in patria ma, come già in precedenza le TaTu, dimostra come il tema gay, se usato in modo intelligente, lungi dal tagliare le gambe a un prodotto musicale possa addirittura servire come strumento di promozione.
(P.S. Nonostante il livello cretinetto della musica, per i loro video i Kazaky si sono affidati ad un signor esteta coi controbaffi, il che spiega in parte il loro successo: spesso occorre gente molto intelligente per realizzare con successi i prodotti per il pubblico cretino. Si veda solo il video nonsense ed ultra-estetizzante "Pohvir (Change, you can, I know)", infilato alla chetichella nel loro canale Youtube. A me pare splendido...).