recensione diPiera Zani
Vite straordinarie di lesbiche fuori misura: Elisabeth de Gramont
Forse non tutte possiamo far risalire il nostro albero genealogico fino alle crociate, ma tutte noi potremmo adottare a pieno diritto il motto nobiliare della nobile famiglia dei Gramont: Soy lo que soy, sono quel che sono, che in latino ha un'umile aggiunta, per grazia di Dio, ma in spagnolo conserva un orgoglio che ben possiamo condividere.
Sono quel che sono, e chi è Elizabeth? Una figlia che conduce alla morte per parto l'infelice ereditiera sedicenne, un'orfana abbandonata alle cure di una nonna che molto la ama, una bimba che scopre nella matrigna, Marguerite Rothschild, la sua vera amatissima mamma.
Elizabeth è anche una donna del suo tempo, la seconda metà dell'800, soggetta all'autorità paterna, un padre duro e avido, che le impedisce di prendere davvero possesso delle sue ricchezze, Elizabeth è una giovane sposa che cerca la libertà e trova nel marito, di ottima famiglia, dell'antichità nobiltà francese, cui lei stessa appartiene, un aguzzino sadico che le provocherà aborti e parti prematuri a furia di botte.
Ma Elizabeth è una donna coraggiosa, che sfida le convenienze e i benpensanti per essere se stessa.
E lei chi è? Frequentatrice della buona società parigina, amica di Proust, che la ritrarrà nell'amata duchessa di Guermantes, amante delle arti e scrittrice lei stessa, anche per poter sopravvivere alle ristrettezze economiche in cui si dibatterà per buona parte della sua vita, Elizabeth è una nostra antenata, una nostra bisavola, la cui storia racconta un pezzo anche della nostra storia di lesbiche.
La tesi dell'autore è quanto meno suggestiva: la playboy dell'immaginario lesbico, Natalie Clifford Barnes, la famosa ereditiera americana che tenne un salotto letterario (e lesbico) a Parigi dall'inizio del secolo scorso per circa cinquant'anni, non avrebbe avuto come relazione principale quella con Romaine Brooks, la pittrice con cui ha convissuto per più di quarant'anni, ma il vero amore della sua vita, costellata da infiniti flirt e relazioni di breve durata, sarebbe stata proprio Elizabeth, che però per Natalie ebbe un grave torto: morì, seppur in tarda età, ben vent'anni prima di lei.
Elizabeth, anzi Lily, come la chiamano gli intimi, appartiene alla nobiltà per diritto di nascita, ma diversamente dal marito si avvicina ai partiti di sinistra, frequenta politici, ed è una delle prime donne a compiere un viaggio nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche negli anni '20.
Scriverà libri di viaggio e libri di memorie, il primo soprattutto dedicato alla Belle Epoque, Au temps des équipages, la felicità prima del disastro della Prima Guerra Mondiale.
Elizabeth non frequenta le lesbiche nei posti pubblici, ma conosce tutte le lesbiche che contano a Parigi nella prima metà del secolo scorso. E così questo libro racconta, oltre alla storia di una duchessa che diventerà comunista, anche la vita e le relazioni delle nostre antenate.
Come vivono le relazioni queste donne che non hanno un passato dietro di sé cui guardare per imparare e magari copiare? Le variazioni sul tema dell'amore sono stupefacenti: Elizabeth vivrà una lunga storia d'amore con Natalie, mai vivendo con lei, e compiendo solo brevi viaggi ogni anno insieme, stabilirà invece relazioni di convivenza con Blanche, che, di classe sociale diversa, non frequenterà mai i salotti parigini, ma rivestirà lo stravagante ruolo di governante-amante.
Un'altra relazione importante sarà quella con Germane Lefrancq, autrice di commedie brillanti, che pure a un certo punto si sposerà, pur mantenendo un rapporto di grande vicinanza con Lily.
Chi eravamo? Come ce la siamo cavata in un mondo dove le leggi napoleoniche negavano alle donne il diritto di gestire proprietà, denaro e le mettevano sempre sotto stretta sorveglianza paterna o maritale? "Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso" scriveva in quegli anni un'altra lesbica famosa, Eleanor Roosevelt.
Elizabeth de Gramont l'ha dimostrato vivendo la vita che desiderava vivere.