recensione diPatrizia Colosio
Il giardino perduto. Un altro capolavoro di Helen Humphreys
Sullo sfondo, la Londra in rovina sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, prima vicina nel ricordo dei lutti e delle distruzioni e nei notiziari serali, poi quasi sospesa in una realtà altra, dove amore e morte giocano alla pari, mettendo in circolo un attaccamento alla vita che si nutre di desiderio, di attesa, di intense emozioni, di incontri fugaci.
Gwen, la protagonista, una studiosa di mezza età della Royal Horticultural Society, da anni rinchiusa in un laboratorio, decide di accettare un incarico di guerra andando in campagna a coordinare un gruppo di ragazze per la produzione di patate.
Un lapsus la farà giungere in ritardo e al suo arrivo non troverà nessuna delle ragazze: tutte sono infatti alla villa padronale dove alloggiano i giovani soldati canadesi destinati al fronte.
Gwen sconterà la sua inesperienza nelle relazioni, e solo con l'aiuto di una delle giovani donne, Jane, riuscirà a trovare il modo di coinvolgere le Land Girls in un progetto che man mano diventa collettivo ed entusiasmante; ci riuscirà assecondando il desiderio delle giovani donne, un desiderio che diventerà contagioso e che la porterà a scoprire una parte di sé sacrificata al ricordo di una madre splendida e spietata.
Helen Humphreys ci regala un'opera in cui poesia e narrazione si accordano in modo perfetto, creando suggestioni e atmosfere che la figura di Virginia Woolf, più volte evocata, arricchisce di un tocco di mistero e malinconia.