L'Arialda

27 febbraio 2012

In questo che è il terzo capitolo dei cinque che costituiscono il ciclo dei Segreti di Milano, Testori torna a tratteggiare la corruzione sociale variando sullo schema già collaudato ne Il ponte della Ghisolfa, mutuandone anche il colorito linguaggio ricco di dialettismi e di inflessioni popolari. La vicinanza tra le due opere è anche più stringente nel caso del personaggio di Eros, il protagonista omosessuale del dramma, il cui percorso è molto simile a quello dell'Ivo de Il ponte della Ghisolfa: è infatti la sua bellezza (un «Apollo», appellativo consueto in Testori) a renderlo preda delle perversioni dell'alta borghesia urbana. Oreste, viceversa, assume il ruolo che era di G.M. (che reclutava Ivo per orge e sessioni di pornografia per omosessuali): è infatti uno spacciatore di droga che rifornisce feste di alto livello e cerca giovani da corrompere. Il percorso di Eros è lo stesso che rischia di seguire il giovane Lino, che si concederebbe volentieri, poiché ambisce solo a guadagnare i soldi necessari all'acquisto di alcuni oggetti di consumo per lui preziosi, nella fattispecie (proprio come nel caso di Ivo) la moto che ne causerà la morte. Per riscattarsi, Eros cerca di allontanarlo e minaccia Oreste (come Ivo minacciava G.M.) di denunciare alla polizia i suoi giri di pornografia e droga nei festini milanesi, cui è collegato lui stesso (come emerge tanto dalle sue confessioni quanto dal dialogo tra Arialda e la madre), ma nei quali non vuole che Lino sia invischiato. E, a giudicare da quanto dice Oreste, Lino si concederebbe volentieri anche in questo caso.

All'epoca del suo primo allestimento, nel 1961 per la regia di Luchino Visconti, L'Arialda fu oggetto di un'odissea censoria durata due mesi. Dopo tre copioni e svariati incontri fra autori, burocrati e censori, ci si accordò su un compromesso e si concedette il nulla osta a un testo sottoposto a non meno di una settantina di sforbiciate. Nondimeno, quando da Roma giunse a Milano, lo spettacolo fu sequestrato ad opera dello stesso magistrato che pochi mesi prima si era già messo in evidenza per i suoi interventi contro Rocco e i suoi fratelli.

La critica assistette con perplessità: nessuno si sentì di difendere integralmente l'opera, così come pochi la contestarono radicalmente. Perlopiù ci si chiese se tanta polemica era necessaria: del resto, il testo arrivato sul palcoscenico era stato a tal punto drasticamente purgato che il personaggio più controverso, quello appunto di Eros, era stato abbondantemente addomesticato, mentre Lino era addirittura scomparso dalla scena.

Inoltre, solo una certa approssimazione critica, ovvero la ricerca di pretesti per inscenare pubbliche manifestazioni di pruderie, poteva indurre a una rivolta. Quella di Testori, infatti, è un'opera rigorosamente morale, che presenta un finale punitivo e senza aperture. Il mondo che fa da sfondo alle vicende de L'Arialda è lo stesso che sostanzia Il ponte della Ghisolfa, con i suoi pregi e i suoi vincoli, dettati da un'ottica religiosa che non consente alla simpatia di Testori per le debolezze dei suoi antieroi di trascurare una superiore esigenza di giudizio. Se i cattolici accusarono Testori di essere un autore trasgressivo fissato con l'eros, da sinistra fioccarono le accuse di moralismo e persino di giansenismo.

Dunque, Eros può essere, nelle intenzioni dichiarate di Testori, un personaggio positivo, ma è parimenti ritratto come un giovane corrotto e violentemente misogino che, al di là di certe pressioni sociali, ha scelto il proprio destino e ha trovato la possibilità di riscatto solo nella castità e nella conversione del suo desiderio in un'ambizione di paternità, senza che questo possa salvarlo dalla condanna alla rovina e alla solitudine.

Paradossalmente, è però proprio il fatto che Eros cerchi di sublimare il proprio amore in un sentimento paterno, e cioè il punto che oggi appare più datato e moralista, a costituire nella sua stessa possibilità il tratto per l'epoca più scabroso. La stampa conservatrice insorse, e così il magistrato che aveva sequestrato lo spettacolo: non si poteva concepire che a un omosessuale (creatura notoriamente dedita solo allo sfogo dei suoi istinti primordiali) fosse riconosciuta la capacità di amare, e di amare in modo così sublime e disinteressato.

Da rileggere dunque con un occhio al suo contesto storico per apprezzare pienamente.

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