recensione diFrancesco Gnerre
La famiglia vuota
La famiglia vuota è una raccolta di nove racconti, alcuni esplicitamente autobiografici, altri meno, ma tutti percorsi dai temi ricorrenti della letteratura di Toibin, dal complesso impatto dell'omosessualità in una società conservatrice come quella irlandese all'importanza del passato di cui è impastata la nostra vita alla nostalgia della famiglia.
Nel racconto che dà il titolo alla raccolta questa diventa famiglia vuota dove l'antitesi tra il sostantivo e l'aggettivo suggerisce la complessità del rapporto con la famiglia, la sua pienezza di prima comunità di appartenenza e nello stesso tempo la sua vacuità.
Un professore racconta al suo ex compagno il suo volo da New York a Dublino per incontrare un'ultima volta sua madre, il suo rammarico per averla resa così poco partecipe della propria vita e l'amara consapevolezza della mancanza di una seconda opportunità, ma il sapere che ormai è "troppo tardi per tutto" genera quasi una forma di sollievo.
In un altro racconto un romanziere e sceneggiatore, di ritorno a Dublino, è violentemente costretto da una coppia di ex compagni di collegio, ora marito e moglie, a riandare con la memoria agli anni della scuola e agli scandali di pedofilia che stanno coinvolgendo i preti che sono stati suoi insegnanti. Di fronte al fanatismo della donna, convinta di parlare in nome della verità, e all'ipocrisia dell'uomo, un tempo amato compagno di giochi erotici, ora attento solo a far emergere di quella verità solo ciò che non intacchi la sua 'rispettabilità' di marito e di padre, lui, il protagonista del racconto, per quanto lunghe e solitarie possano essere le notti che lo attendono, è orgoglioso della sua solitudine e felice di misurare l'abissale distanza da questo mondo.
Vuota è anche la famiglia di Paul, conteso da due donne nemiche tra di loro, la madre e la zia. A quest'ultima che egli assiste in una casa per anziani e con la quale ha vissuto per quasi tutta la sua vita, non ha mai detto della sua omosessualità, anche se in qualche modo sembra che lei abbia capito, o forse qualcuno gliel'ha detto, "in ogni caso non era una cosa di cui si potesse parlare".
E vuote sono le famiglie degli altri personaggi, della scenografa affermata che torna a Dublino e incontra casualmente la moglie dell'uomo che ha amato, ora scomparso, o di Lady Gregory che narra ad Henry James la sua storia perché diventi, forse, il soggetto di un suo romanzo.
I racconti sono ambientati per lo più a Dublino, la città di Toibin, sempre rievocata dai personaggi che se ne sono volontariamente esiliati con la struggente nostalgia di una felicità perduta.
Tre sono però di ambientazione spagnola, perché la Spagna, dopo l'Irlanda, è il secondo dei luoghi amati dallo scrittore.
Il primo incontro con la Spagna è rievocato nel racconto Barcellona,1975 dove il protagonista rievoca la liberazione sessuale degli anni Settanta, quando il vecchio dittatore stava morendo ed egli, come i suoi amici e i suoi amanti, era indifferente a tutto fuorché alla sua voglia di vivere e alla scoperta di una omosessualità libera e gioiosa, qui rappresentata in maniera esplicita e diretta, senza metafore, come mai Toibin aveva fatto.
Il ricordo del regime di Franco ritorna in un altro racconto spagnolo dove una militante comunista, in esilio a Londra, torna dopo la dittatura e trova un paese e una situazione familiare degradati che non le appartengono.
A Barcellona è ambientato anche l'ultimo e il più lungo racconto dell'intera raccolta, una tenera storia d'amore tra due pakistani immigrati, che trovano, pur nella precarietà della loro condizione, la forza e il coraggio di pensare e di provare a vivere, con commovente e straordinaria semplicità, una loro inedita dimensione familiare.
Come nei suoi romanzi più belli, da Il faro di Blackwater a The Master, anche in questi racconti Toibin riesce a scavare con la forza del grande scrittore nella complessità dei sentimenti e a creare personaggi di grande spessore umano.
Un'ultima annotazione a margine, non sui racconti, ma sull'apparato extratestuale: sorprendente l'imbarazzato e censorio risvolto di copertina del libro dove si riesce, secondo l'idea che certi temi è bene non esibirli perché potrebbero compromettere l' "universalità" della grande letteratura, a non fare alcun accenno all'omosessualità, tema dominante di questi racconti, oltre che di tutta la letteratura di Toibin.