recensione diGiovanni Dall'Orto
Dietro le quinte, "Julia" n. 152, maggio 2011.
Ambientando la vicenda nel suo universo favolistico preferito, il mondo del cinema, lo sceneggiatore riesce a ricavare una trama non prevedibilmente scontata, abbozzando un ritrattino "dietro le quinte" del mondo che creava i film di "serie C", di quelli che vedevamo (e probabilmente vedeva anche lui) all'oratorio da bambini.
E a p. 83 impepa la vicenda con una rivelazione "piccante": l'assassinato era omosessuale! Oh cielo, o mio dio, oh che scandalo, oh che cosa inaudita! (Nel 2011???).
Ma oggi siamo progressisti e a p. 85 apprendiamo da uno scambio di battute: "Chissà cosa dicono invece i manuali, a proposito di interrogatori ad omosessuali?" "I manuali non fanno discriminazioni di genere!...". Brutto scivolone, dato che l'omosessualità non c'entra nulla col genere (maschio/femmina) ma al massimo con l'orientamento (etero/omosessuale, appunto). In pratica, chi ha scritto la sceneggiatura non conosceva, nel 2011, la differenza fra un trans ed un gay. Ci sarebbe da piangere ma, ehi! è un fumetto Bonelli! Qui siamo nel solco d'una tradizione, se parliamo del non capire nulla di tematiche lgbt!
Come si passa a dimostrare subito dopo questa citazione, quando viene interrogato l'amante del defunto, un tempo professore, ora librario. Perché il cambio di professione? "Cominciarono a girare voci sul mio conto...". "E fu licenziato?" "Con dei pretesti, ovvio. La libertà sessuale è sancita dalla Costituzione" (p. 92).
Ma la libertà sessuale non è proprio sancita in nessun articolo della Costituzione americana. E poi, l'idea per cui un omosessuale sia predestinato ad essere licenziato sulla base di semplici "voci", è l'ennesimo cliché per "dimostrare" che il gay, in quanto tale, è condannato all'infelicità. Anche questa è omofobia, per quanto imbellettata da "simpatia contro la discriminazione". Che un professore gay negli Usa non possa esercitare, è una palla: non stiamo parlando dell'Arabia Saudita!
Ovviamente il "vedovo" si lagna del fatto che non potrà neppure andare al funerale (p. 95) e allora gli viene fatto notare: "Non è vietato dalla legge, signor Denver". "Ma dal buon senso, sì".
E se non bastasse ancora, si nota quale sia il livello culturale che alla Bonelli pensano che abbiano i lettori di questo fumetto "colto" laddove apparendo la parola coming-out (scritta col trattino) ci si sente in dovere di mettere un asterisco e spiegare cosa voglia dire. Nel 2011, quando perfino le rubriche di "Posta del cuore" parlano di coming out, outing e compagnia bella. Sono dettagli come questi che fanno pensare a una redazione ferma agli anni Cinquanta, e che fanno sospettare che non siano da attribuire allo sceneggiatore gli sbalzi qualitativi di "Julia", che a tratti ha riferimenti colti e raffinati e a tratti si comporta come se il lettore fosse un imbecille analfabeta, incapace di notare un'incongruenza o una cretinata cosmica quando ce l'ha davanti...
L'introduzione del tema gay in questo episodio avviene insomma con toni, linguaggio e mentalità irrimediabilmente vecchi e fuori sincronia col resto della società. In un'epoca in cui i Sims permettono di costruire famiglie virtuali gay e i videogame che impazzano fra i ragazzini prevedono personaggi e situazioni gay, nel mondo di questa criminologa "il buon senso", vittorianamente, chiede ancora che un omosessuale non presenzi al funerale della persona amata...
Davvero il fumetto italiano del XXI secolo è in crisi? Ma fumetti come questo nel XXI secolo non ci sono proprio mai entrati.
E temo che prima di riuscire a farlo, a questo ritmo d'evoluzione, ci arriveranno che il XXII secolo sarà bell'e che iniziato!