recensione diMassimo Basili
Pascin
Qualche numero fa parlammo di un curioso graphic-novel americano che col pretesto dell'indagine poliziesca raccontava la frizzante vita bohemien degli artisti della Belle époque francese: Chi vuole uccidere Picasso?, di Nick Bertozzi. Naturale che anche altri autori volessero rendere omaggio a quell'irripetibile momento della cultura europea che vedeva riuniti in poco spazio - i quartiere parigini di Montparnasse e Montmartre - e per un breve lasso di tempo, molti dei pittori, scrittori e musicisti che sovvertirono le convenzioni dell'epoca: Picasso, Braque, Satie, Apollinaire...
I due libri che presentiamo questo mese raccontano, in modi decisamente diversi, le biografie di due personaggi apparsi qualche anno dopo sulla scena parigina, all'incirca tra le due guerre mondiali: il pittore Julius Pinkas detto Pascin e la modella di artisti Alice Prin detta Kiki.
È interessante scoprire come entrambi i protagonisti facciano delle brevi comparsate ciascuno nel fumetto dell'altro, evidenziando a maggior ragione le profonde differenze dei rispettivi autori nel narrare le medesime persone e gli stessi ambienti.
Più che il racconto documentato della vita del pittore di origini bulgare Pascin, il libro del francese Joann Sfar ne rappresenta la trasfigurazione immaginaria ma verosimile, grazie alla totale sovrapposizione tra il biografo e il biografato. L'autore del fumetto è ebreo come Pascin e come lui ha un approccio famelico, bulimico verso vita e arte. Sembra anche di scorgere parecchie somiglianze tra il segno sporco, istintivo, impressionista e decisamente antiaccademico di Sfar (molto lontano dalla levigatezza patinata di molto fumetto francofono) e i disegni che Pascin ci ha lasciato. La struttura del libro è svincolata da ogni cronologia, è libera ed anarchica, come fosse un accumulo di situazioni e piccoli avvenimenti, dipanati con ritmo avvolgente. Vi convivono il registro umoristico e quello realistico (sia nel tono del racconto che nel segno grafico), dissertazioni animate tra artisti e la cronaca spudorata di bevute e scopate, mostrate con un candore infantile mai volgare nonostante l'abbondanza di cazzi e tette.
Il sesso, insieme all'alcol, è proprio una delle ossessioni con le quali Pascin cercava di placare la propria insoddisfazione cronica. Per lo più con donne, le modelle che popolavano gli atelier dell'epoca e che spesso finivano per accettare l'ospitalità che gli artisti offrivano. Pascin dipinge e scopa con la stessa ansia di possesso e l'amara consapevolezza di non poter trattenere la bellezza del mondo né tratteggiandola sul foglio di carta, né con l'estasi fugace di un orgasmo.
Ma un personaggio avido di esperienza come lui non poteva sottrarsi alle avventure omosessuali: molto gustoso il capitolo finale del libro, nel quale il pittore cerca di sedurre, invano, un aitante scrittore nero americano dal prodigioso fondoschiena, in mezzo alle avventrici di un locale lesbico!