recensione diMauro Giori
Dr. House
Nell'attuale copia di serie tv ospedaliere, che hanno dato vita da tempo a tutto un genere, Dr. House si distingue per il suo taglio da giallo: il burbero e geniale eroe della serie, con la sua squadra di giovani assistenti, si trova ogni volta a dover diagnosticare una qualche malattia rara, o ad individuare le catene più improbabili di concause che per pura coincidenza hanno prodotto sintomi indecifrabili. Indecifrabili per tutti, tranne ovviamente che per il dr. House. E ovviamente il dr. House sotto sotto è più umano di quel che può sembrare, e come tutti gli indagatori del mistero e del delitto è anche un esperto conoscitore della natura umana. La sua regola base è: "tutti mentono".
Esempio: se il fratello di un paziente (il diretto interessato non può parlare perché è in coma) dice che il paziente in questione è eterosessuale, e per essere più convincente prende a sberle i medici che insinuano il contrario, il dr. House concluderà che il paziente è sicuramente gay (e ovviamente, essendo un profondo conoscitore della natura umana, ciò lo lascia del tutto indifferente). È quanto accade nella puntata "Un mafioso in corsia". Il mafioso in questione è anche il paziente del nostro esempio, il che rende per certi aspetti interessante l'episodio: un paziente gay in una serie medica ormai non fa più notizia, ma se questo paziente è un mafioso, e la sua omosessualità un segreto incompatibile con la sua professione, che richiede piuttosto attestazioni continue di convenzionale maschia virilità, si preannunciano variazioni potenzialmente intriganti. Esempio: come dire a un mafioso che suo fratello (mafioso) è frocio senza finire in fondo al mare in un blocco di cemento? Perché il mafioso proprio non vuole saperne di ammettere che il fratello possa essere gay, anche se non sembra esserci altro modo per spiegare la crisi che lo ha spedito in coma in seguito al sovrapporsi (in una delle catene di improbabili concause di cui parlavamo) di epatite, caramelle antifumo, troppa carne e un'erba cinese eccitante particolarmente diffusa tra i gay americani (quante cose si imparano dalle serie mediche...).
Se non altro siamo lontani anni luce dai soliti stereotipi sulle professioni gay (certo il cinema ha presentato per decenni gay assassini, ma di altro tipo, cioè psicopatici e squilibrati, serial killer e invasati). Tuttavia gli sceneggiatori strafanno: appare infatti un omaggio forzato alla correttezza politica imperante il dialogo strappalacrime finale, nel quale il mafioso non solo accetta d'un botto l'omosessualità del fratello, ma pure la sua decisione di entrare nel programma di protezione dei testimoni, perché in questo modo potrà finalmente costruirsi una nuova vita e vivere liberamente la sua omosessualità: il tutto d'un tratto appare una soluzione "onorevole"...
Per esigenze di cronaca, ricordiamo che in un'altra puntata era comparsa anche una coppia lesbica che faceva ricoverare la loro bambina malata: presentata senza commenti, l'accettazione della loro omosessualità appariva anche più liberale (e certo più credibile) di quella un po' forzata del mafioso.