recensione diGiovanni Dall'Orto
Covo degli orchi, Il. "Diabolik", anno XLIX, n. 8, agosto 2010.
Nel corso d'una rapina col botto (in senso letterale), Diabolik scoperchia per puro caso il rifugio segreto nel quale un pedofilo violentava le sue piccole vittime, filmando l'accaduto, per poi ucciderle. In questo modo aveva messo un piedi una rete di video pedopornografici che vendeva a facoltosissimi pervertiti.
Parte quindi la caccia a questo individuo, che si fa chiamare "Rosa", ed il cui ritratto (con parrucca bionda, occhi truccati e rossetto) potete ammirare qui accanto.
Qualsiasi somiglianza fra questo ritratto e una celebre drag queen televisiva sarà davvero dovuta al mero caso, o ci sarà dell'intenzione? Io temo che sia vera la seconda ipotesi.
Infatti, approfittando del tema, su cui è matematicamente impossibile che esista qualcuno che prenderebbe le parti di "Rosa", gli autori si sono sentiti liberi d'infilare in questo albo una collezione impressionante di stereotoipi rabbiosamente omofobi, che ovviamente diventa difficile contestare dato che sembra che uno voglia difendere l'operato di "Rosa".
E invece la critica riguarda proprio la scelta di rendere l'assassino un travestito (a che pro? che cosa aggiungeva, narrativamente? forse per rendere ben chiaro che pedofilo sì, però non pedofilo eterosessuale?) e la scelta di dargli il volto d'un noto personaggio televisivo gay dichiarato, cosa che giudico una vigliaccata incredibile.
Nello svolgimento della storia Diabolik si metterà a indagare e riuscirà (ovviamente) a smascherare il colpevole, che è il personaggio più "insospettabile" di tutti, tant'è che nella prima vignetta in cui appare io avevo sospettato subito di lui.
Un brutto scivolone, che avrebbe forse potuto avere qualche labile scusa nel 1960, ma che mezzo secolo dopo merita un giudizio di una sola parola: vergogna!