Alla corte di "Mamma Clap"

La sottocultura omosessuale nella Londra del Settecento

2 novembre 2004, Babilonia, luglio/agosto 1999

"C'è una banda particolare di delinquenti sodomiti, in questa città, che chiamano se stessi "Molly" [...]
In una certa taverna, che non nomino [...] hanno stabilito di trovarsi ogni sera della settimana, per avere le miglior opportunità di trascinare alla corruzione la gioventù non accorta.
Come si trovano insieme, subito cominciano a mimare le chiacchiere, i pettegolezzi e le impertinenze delle donne, quasi fossero un gruppetto di comari che abbiano dismesso la modestia grazie alle lusinghe della bottiglia.
Non è molto che, durante una delle loro notti di festa, farcirono con un cuscino la pancia di uno dei loro sodomitici fratelli, o meglio sorelle, come l'un l'altro si chiamano, travestendolo in una camicia da notte femminile [...] e il tale, in presenza dell'intera compagnia, cominciò a scimmiottare le smorfie di una donna sofferente in procinto di partorire..." [1]



A partire dalla seconda metà del secolo diciassettesimo, in Inghilterra cominciano a proliferare pubblicazioni, libelli e satire su una sorta di "nuovo tipo sociale": il sodomita.
Le rappresentazioni sono inequivocabilmente quelle di una forza distruttiva: l'omosessuale è via via descritto come straniero, papista, tiranno, effetto indebolente sulla mascolinità britannica, e serve a raffigurare conflitti economici e politici, dall'abuso di potere pubblico ad una falsa economia del desiderio.
L'effetto cumulativo di tali figurazioni fu anche, però, quello di dare in qualche modo nome, voce, identità al desiderio omoerotico nel momento stesso in cui esse lo condannavano.
Questo "nuovo" soggetto della rappresentazione sociale esisteva ovviamente anche prima di essere descritto: la novità sta proprio nella sua irruzione sulla scena pubblica e nell'immaginario collettivo.
Il periodo storico in cui ciò accade e il classico "giro di boa"; un momento, cioè, in cui gli assetti sociali subiscono profonde trasformazioni: la Rivoluzione industriale aveva di colpo, e drammaticamente, cambiato gli orizzonti e le prospettive di migliaia di persone. In molti si spostavano dalle campagne alle città in cerca di lavoro e di migliori opportunità di vita; molti non ce la fecero mai ed ingrossarono la fetta di umanità emarginata che viveva ai confini del "nuovo ordine".
In un simile contesto la prostituzione, sia femminile sia maschile, prosperò. L'esistenza di bordelli maschili in Gran Bretagna è già testimoniata nel Seicento (mascherata sotto l'insegna dei "bagni pubblici") ed una sorta di semi-prostituzione maschile si trova nello stesso periodo nelle zone attorno ai teatri, ai parchi, alle case da gioco.
Niente di simile alle molly houses (una cui notte di festa è descritta dal paragrafo sopra riportato del giornalista Ward) viene però alla luce fino al 1685, anno a partire dal quale esse vengono sistematicamente investigate da vigilantes privati (le "Società per la riforma dei costumi") e di conseguenza dalla polizia.
Vere istituzioni della subcultura gay, esse non subiranno modifiche di rilievo sino alla fine del XIX secolo. In una molly house si cantava e si ballava, si cenava, ci si travestiva (specialmente durante le feste suddette, sorta di "mascherate" che si tenevano durante il mese di dicembre) e, ovviamente, ci si corteggiava, ci si innamorava e si faceva sesso.
In alcune delle molly houses ci si sposava: c'erano stanze dette "da matrimonio" o "cappelle", dove due uomini potevano convolare a nozze; spesso ciò consisteva semplicemente nel fare sesso insieme, a volte alla presenza degli altri avventori in una sala grande della casa.
La frequentazione di questi luoghi, che potevano essere taverne pubbliche o residenze private, incoraggiò l'apparire di un'identità e di una lingua ad essi correlate.
La lingua usava termini importati dalla "lingua franca" di girovaghi, marinai e attori; alcune parole sono poi transitate nel successivo gay slang detto "polari" (dall'italiano "parlare"), ma si tratta di una traccia troppo debole per poter parlare di una filiazione diretta.
Le Società per la riforma dei costumi, composte da privati cittadini motivati da forte zelo religioso verso una riforma puritana, furono fondate dal reverendo Bray ed erano circa una ventina nel 1701.
Lo scopo di questi gruppi di vigilantes era colpire il vizio e la corruzione pubblica, e si accanivano particolarmente contro la prostituzione.
Per il reverendo Bray, l'ossessione principale era però la sodomia: "È una forza maligna che sta invadendo la nostra terra" (sermone del 27.12.1708).
In associazione con la polizia, le Società utilizzano provocatori e infiltrati nei luoghi di battuage dell'epoca (The Lane, The Royal Exchange, il Ponte di Londra) e pagano per le azioni legali.
Quello che segue è un esempio tratto dagli atti del processo:
"Thomas Lane, un soldato di fanteria, fu indiziato per aver assalito il Sig. Richard Hemmings e il Sig. Samuel Baker il 15 di settembre ultimo scorso. Gli accusatori dichiararono che Lane, sostante sul Ponte di Londra, venne verso il Sig. Hemmings e, mostrate le sue nudità si offri di mettergliele in mano; nel contempo sbottonò le brache dell'accusatore e ci infilò la sua propria mano, ma il Sig. Hemmings la respinse. Egli soffrì di sopportare la sconcezza dell'azione perché l'altro accusatore, il Sig. Baker, gli aveva precedentemente detto che Lane era una di quelle persone e perciò avevano stabilito di arrestarlo".
Al processo, Lane asserì di aver tirato fuori "l'arnese" solo perché doveva orinare, ma ciò non valse a salvarlo dalla furia omicida dei suoi accusatori (non saprei definire in altro modo l'utilizzo di "esche" per far commettere a qualcuno un "reato" che lo porterà sul patibolo…).
È particolarmente significativo che nei documenti dei processi comincino ad apparire definizioni quali "questo tipo di gente", "una di quelle persone", "tale genere di individui", perché ciò implica la visione dei "sodomiti" come di una specie particolare di persone, in qualche modo predisposti e inclini a commettere il "reato" dell'atto omosessuale.
La visione precedente della sodomia era la mera condanna dell'atto in sé, che chiunque poteva commettere per tentazione del Demonio, come uno qualsiasi degli altri peccati; l'emergere di simili definizioni è un ulteriore indice della nascita di un "riconoscimento identitario" da parte sia dei persecutori che dei perseguitati.
La legge inglese prevedeva comunque la gogna, il carcere e l'impiccagione per tale sorta di delitti: persino i primi due "castighi" erano spesso implicite condanne a morte, giacché le condizioni carcerarie erano durissime e lo stare alla gogna implicava il subire il lancio di ogni sorta di proiettili, da parte della folla, per un'ora o due (dalle interiora di pesce al fango della strada, dai torsoli di frutta agli escrementi, dalle uova marce agli scarti di macelleria, ma volavano anche sassi e mattoni).
Il dichiarare il mutuo consenso nell'atto omosessuale, tra l'altro, non valeva affatto come "prova a discarico" e non ne veniva tenuto alcun conto durante i processi).
Nel 1709, le Società per la riforma dei costumi organizzarono una serie di irruzioni nelle molly houses londinesi, riuscendo ad arrestare "sul fatto" 9 molly in una di esse, un negozio di liquori in German street (oggi Jermyn street).
Erano arrivati a quella casa in particolare grazie alla confessione di un soldato, George Skelthorpe, precedentemente condannato e giustiziato per sodomia, e alle chiacchiere di un ragazzetto al servizio del Duca di Ormonde.

Il giovane in questione fu trovato nella molly house la notte del raid e venne arrestato assieme al proprietario della casa e agli altri avventori.

Come racconta ancora Ned Ward, questo era il luogo in cui
"avendo lavato via, con il vino, ogni timore ed ogni vergogna, tutti si danno a bestiali oscenità e si prendono libertà infami l'uno con l'altro, tali che nessun uomo, a meno che non sia preda del diavolo, può pensarle senza arrossire o menzionarle senza una cristiana condanna di simili pagane sconcezze.
Sebbene, per mancanza di investigazione, le odiose riunioni di questi tizi continuassero da anni, alla fine le loro pratiche sodomitiche furono fortunatamente scoperte dall'astuzia delle Società Riformatrici; e perciò molti di essi furono sottoposti al pubblico svergognamento e al castigo.
Altri riuscirono a fuggire l'ignominia, ma comunque la diabolica congrega fu costretta a mettere un punto fermo ai propri scandalosi e luridi divertimenti".

La "diabolica congrega" sopravvissuta all'irruzione si limitò, verosimilmente, a mutare luogo d'incontro, ma certo non le abitudini.


Nel 1726 abbiamo infatti notizia del processo contro Margaret Clap, accusata d'aver fatto della propria residenza privata un bordello maschile, in cui essa permetteva pratiche sodomitiche ed incoraggiava gli ospiti ad esse.

In realtà, neppure il processo riuscì a provare che la molly house gestita da "Mamma Clap" (così era chiamata dagli ospiti stessi) fosse un bordello: ella veniva pagata per l'affitto delle stanze e per i liquori che procurava, ma non vi sono tracce che indichino una transizione di denaro basata sull'offrire ragazzi o uomini compiacenti agli avventori.
Pare probabile che Margaret Clap abbia tenuto aperta la sue case ai molly più per piacere personale che per guadagno, che amasse la sua clientela e che provasse un vero interesse per la subcultura gay:
"Domenica notte, lo scorso 14 novembre, mi recai alla case di proprietà della prigioniera, in Field Lane a Houlbourn, dove trovai fra i 40 e i 50 uomini che facevano l'amore l'un con l'altro, o almeno così dicevano loro. Certi stavano seduti l'uno in braccio all'altro, si baciavano in maniera lasciva e usavano le mani in modo indecente. Poi si alzavano, ballavano, facevano riverenze e mimavano voci da donna.
[...]
A coppie si recavano in una stanza dello stesso piano, per essere sposati, così dicevano.
[...]
E quando uscivano, si vantavano in termini chiari e semplici di ciò che avevano fatto. La prigioniera era presente per tutto il tempo, tranne quando usciva per procurare da bere.
[...]
Tornai in quella stessa casa per due o tre domeniche di seguito e trovai sempre la stessa situazione detta prima. Tutta la compagnia diceva cose oscene e vili alla presenza della prigioniera ed ella ne pareva meravigliosamente compiaciuta".
(Testimonianza di Samuel Stevens al processo contro Margaret Clap).

Ben quaranta avventori furono arrestati durante l'irruzione del febbraio 1726; Margaret tentò di difendersi chiedendo che fosse tenuto in considerazione come, essendo donna, non avesse potuto prendere parte alle pratiche descritte.

Trovata comunque colpevole, fu condannata a una multa, a due anni di prigione ed alla gogna, durante la quale svenne parecchie volte.

Non ci sono altre notizie di lei e non sappiamo se sopravvisse alla prigionia.



Un'altra molly house investigata nello stesso periodo fu quella appartenente a Thomas Wright. La testimonianza del poliziotto Sellers dice che:

"C'era una compagnia di uomini che suonavano e ballavano, cantavano canzoni sconce, si baciavano l'un l'altro ed usavano le mani in maniera alquanto indecente.
(…)
In una stanza c'era un violinista ed 8 uomini che ballavano una danza popolare, assumendo vili movenze".

Delle canzoni dei mollies resta una sola traccia, grazie a un opuscolo dal titolo A genuine narrative, scritto da James Dalton (un ladruncolo frequentatore del "giro" molly) e pubblicato nel 1728, ove si riporta un testo cantato dalla "incantevole Warbler, Signorina Irons" (poiché "irons" sta per "ferri", e probabile che l'"incantevole Warbler" fosse un fabbro o un maniscalco).

La canzone inneggia all'omosessualità maschile come ad uno stare "liberi tra simili" ("but among our own selves we'll be free"), non disdegna l'amore per i giovinetti e si conclude domandandosi perché, a fronte degli esempi di relazioni omosessuali dell'antichità, che coinvolgevano dei e uomini assai degni, esse dovessero essere proibite al tempo presente:

"Quant'e dolce il piacevole peccato?
Con un fanciullo di 16 anni d'età
che la barba sul mento non ha
e di rosa ha l'incarnato.
(…)
Achille, l'eroe magno,
teneva Patroclo per compagno
e Giove un fanciullo voile avere:
Ganimede, sì bello da vedere".

La tradizione molly valicò il secolo: nel 1813 l'avvocato Robert Holloway pubblica un elenco delle molly houses di cui ha conoscenza a Londra, nominandone anche i gestori, fra i quali spicca un signore conoscinto come "la Contessa di Camomilla".

Si mantiene l'usanza delle feste e l'assunzione di pseudonimi femminili da parte dei frequentatori abitudinari; al "Cigno Bianco" di Vere Street, a Clare Market, si potevano incontrare Kitty Cambric (commerciante in carbone), Miss Selina (fattorino di Polizia), Leonora Occhi Neri (un tamburino), la Graziosa Harriet (macellaio), Lady Godiva (un cameriere): ma non per questo si deve dedurre che chi assumeva nomi di donna, tra l'altro effettuando spesso giochi di parole sul proprio mestiere o sulla propria provenienza, fosse un soggetto dalla delicata conformazione fisica o decisamente effeminato.
Fanny Murry, frequentatore del "Cigno Bianco", era un atletico facchino che lavorava sulle chiatte del Tamigi e Lucy Cooper, anch'esso del gruppo summenzionato, era un erculeo cavatore di carbone...

In sostanza, i molly giocano sullo stereotipo femminile, demistificandolo: mimano e motteggiano l'eterosessualità tramite i loro sponsali e le finte nascite di bambini (un altro scherzo, molto documentato, che attraversa i secoli) con un effetto di svelamento dirompente, facendo saltare di botto la gerarchizzazione sessuale maschio/femmina.

La differenza più sensibile fra i luoghi di ritrovo come la case di Margaret Clap e quelli conosciuti all'inizio dell'Ottocento è un aumento dei rapporti mercenari. "Il Cigno Bianco", aperto da due uomini nel 1810, era una molly house al primo piano, ma un bordello maschile al secondo.


Al primo piano c'era una stanza con quattro letti, un vestibolo dove si poteva cambiarsi e truccarsi e la cappella per i matrimoni, fatte le scale c'erano le camere dei ragazzi che attendevano i clienti occasionali.

Il luogo restò aperto per meno di sei mesi, nonostante i due proprietari avessero creduto di poterci guadagnare abbastanza, in qualche anno, per ritirarsi dagli affari: la polizia vi fece irruzione l'8 luglio 1810, irruzione durante la quale furono arrestati più di venti avventori ed uno dei gestori, James Cook.

Quest'ultimo dichiarò al processo di aver agito solo per brama di guadagno (era sposato e sue moglie dirigeva una casa simile, rivolta però a un pubblico eterosessuale) e di essere tanto più colpevole poiché non interessato da "innaturali inclinazioni": ciò non gli valse ad evitare la gogna e tre anni di carcere.

Cook aveva pensato di poter sfuggire alla pena grazie alla conoscenza dei nobili che frequentavano il suo locale; minacciò a un certo punto di produrre una lista di nomi, ma cominciò a capire l'antifona quando il capo carceriere, al suo ritorno dalla gogna, gli disse esplicitamente: "Non c'era intenzione che tu tornassi qui vivo"; un ufficiale della Segreteria di Stato, che pare avesse ricevuto la suddetta lista, morì prima che Cook uscisse dal carcere il 21 settembre 1812.

A due dei frequentatori del Cigno Bianco, Thomas White e John N. Hepburn andò peggio.


Thomas White era il beniamino della casa, secondo le testimonianze rese: aveva solo 16 anni ed era tamburino delle Guardie del "Portugal Regiment".

Hepburn era anch'egli un soldato ed aveva superato la quarantina. Sfuggiti alla retata dell'8 luglio, essi vengono arrestati il 26 dello stesso mese e condotti alla prigione di Newgate con l'accusa di aver commesso sodomia.

C'era un solo testimone per l'accusa, un terzo militare che Hepburn aveva pagato mezza corona perché lo facesse incontrare con il giovane White. Hepburn voleva portarsi a casa il ragazzo, ma quest'ultimo insisté per incontrarlo al Cigno Bianco, dove in effetti cenarono e "consumarono" in una delle stanze private.

Il delatore informò i suoi superiori di questi fatti all'indomani della perquisizione del Cigno Bianco e dello scandalo ad essa seguito: non fu assolutamente indiziato di nulla.


White ed Hepburn, trovati colpevoli, furono condannati all'impiccagione.

Il giovane voleva rendere una confessione scritta, prima di morire, ma il trascrittore fu così "disgustato" dai particolari che White gli forniva, da rifiutare il lavoro...

L'esecuzione avvenne il 7 marzo 1811. Per primo sali sul patibolo White che, stando ai resoconti dell'epoca,
"non pareva affatto turbato dalla terribile prossimità della fine e continuava ad aggiustarsi il fiocco della camicia".

Il ragazzo tenne gli occhi fissi su Hepburn sino a quando gli calarono il cappuccio sulla testa.

Presenti all'esecuzione c'erano tre nobili signori, Lord Sefton, Lord Yarmouth ed il Duca di Cumberland, Ernest Augustus (1771-1851), futuro Re di Hannover.

Su quest'ultimo erano circolati dei pettegolezzi: pare che un suo servitore, tale Sellis, lo avesse scorto in atteggiamenti "impropri ed innaturali" con il suo valletto Neale.

Non ci fu il tempo di arrivare a un'azione legale, perché il 10 giugno 1810 Sellis fu trovato nel proprio letto con la gola tagliata: l'inchiesta che seguì concluse che Sellis si era tagliato la gola da solo dopo aver tentato, in preda a un attacco di follia, di assassinare Sua Grazia il Duca...

Nel 1813, un giornalista che pubblicò la storia fu condannato a quindici mesi di prigione.


Ad officiare i matrimoni al "Cigno Bianco" nella "Cappella" che, se si eccettua la presenza di numerosi letti, era del tutto simile ad una chiesa cristiana, c'era un vero e proprio reverendo gay, John Church la cui storia - per molti versi esemplare - merita senz'altro un approfondimento.


Tra l'altro, non appena scontata la condanna, James Cook tentò di ricattarlo e fu messo in fuga dalla casa del reverendo da uno degli amanti di quest'ultimo, Roland Hill, che affrontò il ricattatore con lo stiletto in pugno...

John era un orfano trovato abbandonato sui gradini di una chiesa (church: da qui il cognome impostogli), e la sua nascita può essere collocata fra il 1782 e il 1784.
Non riuscendo a trovare i suoi parenti, gli anziani della parrocchia lo destinarono all'orfanotrofio, ma il piccolo John ne uscì molto presto: aveva infatti solo nove anni quando creò un vero e proprio allarme perché scoperto mentre era intento a "giochi proibiti" con altri ragazzini.

Ne venne considerato l'unico responsabile e i direttori dell'istituto pensarono bene di metterlo "a bottega" prima dell'età consueta per evitare la possibilità di "un propagarsi del contagio fra gli altri fanciulli".

John viene mandato ad imparare un mestiere da un indoratore al quale il contratto lo legherebbe per undici anni; nel lasso di tempo in cui rimane a servizio, però, fa essenzialmente il domestico.
Verso i quindici anni riesce a far annullare legalmente la propria condizione di servaggio, si cimenta in diversi lavori e, nel tempo libero, inizia a far pratica come predicatore.
In breve, diventa insegnante della scuola domenicale nella Cappella di Tottenham Court e per molti anni fu membro di vari gruppi di predicatori itineranti.

Nel 1801 si sposa; dalla moglie avrà sei figli.

Alla scuola domenicale incontra William Webster, un giovane devoto, e s'innamora di lui.
I due, assieme a un terzo amico, prendono a nolo la soffitta del bordello eterosessuale di Orange Street (quartiere di Soho) dove fanno pratica di sermoni usando una sedia come pulpito.
La vecchia tenutaria, Mamma Barr, e le ragazze stesse si concedevano sovente una pause alla routine andando ad ascoltarli... e spesso qualche giovanotto incauto sbagliava porta ed invece dei piaceri promessi dalla casa si trovava davanti i tre predicatori.
Divenuto amico del reverendo Garrett, professore di filosofia naturale e chiacchierato come "sodomita notorio", John ottiene tramite la sua intercessione il ministero della parrocchia di Banbury, a nord di Oxford.

Nel 1808 scoppia il "caso": gli anziani della chiesa di Banbury accusano Church di aver effettuato "assalti sodomitici" ai danni di numerosi giovani parrocchiani.
John aveva all'epoca una relazione fissa, ma non disdegnava gli episodi occasionali.

Contemporaneamente, fu accusato di essersi preso "libertà indecenti" con i due figli della persona che d'abitudine lo ospitava quando andava a predicare a Kingham.

L'indignazione contro di lui montò: i ragazzi per i quali era accusato erano tutti molto giovani. Fu necessario chiudere la sala riunioni della chiesa, sulle cui porte, finestre e muri venne scritto ogni genere d'insulti (e ovviamente, a più riprese, la parola "sodomita"). Church riparò a Birmingham e da lì inviò la propria autodifesa all'infuriato ex anfitrione di Kingham:

"Ho fatto delle sciocchezze, ho agito imprudentemente...
I ragazzi raccontano una storia semplice e ingenua, e voi fate bene a credere loro, così come io ammetto di essere stato sconsiderato, ma non sono affatto conscio di aver commesso il crimine di cui mi si accusa.
Se qualcosa di simile natura è accaduto, dev'essere stato senza che io ne fossi consapevole, mentre dormivo e credevo di essere a letto con mia moglie".

Church scrive anche agli anziani della parrocchia di Banbury, ma senza risultato: la sua Chiesa lo bandisce.

La famiglia di Church ripara nella campagna londinese ed egli si ritrova ad operare in città, come predicatore, alla Cappella dell'Obelisco, in St. George Field.
Il suo amore del momento è Edward B. (il cognome e stato espunto dai documenti), guardia dell'Obelisco da cui la Cappella prende il nome.
Due delle lettere di John a Edward, che egli chiama con l'affettuoso diminutivo di Ned, sono state conservate:

"Posso solo dire che vorrei tu fossi catturato dall'amicizia sincerea che ti porto.
[...]
Tu potresti considerare i miei sentimenti non virili, effeminati, e avendo già constatato cosa sia la natura umana, io sono costretto a dissimulare le emozioni d'amore che provo. Desidero l'onore di essere amato da te, così tanto e nello stesso modo in cui io ti amo.
[...]
Capisco, caro Ned, che molte persone stanno usando tutti i loro sforzi per separarci, ma io spero che ciò sia invano. Resta al mio fianco, mio carissimo Ned, come io resterò al tuo anche se tu non lo farai, e spero che entrambi saremo perdonati e assolti e condotti più profondamente alla conoscenza di Cristo".
3 marzo 1809.

Chi fossero i detrattori di John agli occhi del suo Ned non sappiamo.
Sappiamo però che Ned gli chiese di pagare il proprio silenzio sulla loro relazione e che al rifiuto di John lo tradì, rendendo pubbliche le sue espressioni di affetto.

E proprio di questo tratta la seconda lettera conservata:

"Mai, mai avrei pensato di essere ingannato da te! Oh, che uomo infelice sono! La cosa che più temevo mi è piombata addosso, e non ci sono scuse che possano giustificare tanta doppiezza.
[...]
Infelice come sono, ti auguro ogni bene, per sempre, sempre.
Ho scritto ciò che sentivo, condotto dall'amarezza della mia anima. Possa tu non soffrire mai per le maledizioni dei miei sentimenti fintanto che sei in vita".
13 marzo 1809.

Non c'è registrazione di un'azione giudiziaria seguita alla diffamazione, quindi pare che la perdita di reputazione del reverendo Church si limitasse a una cerchia ristretta. Forse alla fine John tacitò Ned con il denaro, e comunque mantenne la propria posizione alla Cappella dell'Obelisco per i successivi dieci anni.
Nel 1810, come detto, Church è un membro attivo e conosciuto della scene gay londinese: unisce le coppie nei matrimoni delle molly houses, giustificando l'amore omosessuale con esempi tratti dagli antichi tempi pagani (anche se nelle sue lettere a Ned è possibile notare l'emergere di un abbozzo di "orgoglio gay cristiano") ed officia i funerali per i sodomiti giustiziati.

John era sinceramente credente, meno ipocrita di tanti altri, e si considerava un peccatore alla stessa stregua di tutti gli altri esseri umani, non facendo pero dell'omosessualità propria ed altrui un peccato particolarmente grave.

Nell'aprile del 1813, Church si trovò al centro di una campagna denigratoria promossa dall'editore del giornale "The weekly dispatch", in cui veniva riportata ogni sorta di pettegolezzi: il reverendo litigava con la moglie, i bambini erano lasciati per le strade a ruzzare e a fare i monelli, il reverendo andava a dormire tardi e si alzava alle dieci del mattino... e i giovanotti erano il suo diletto principale.

Ne risultarono un processo indiziario (in cui Church non venne condannato) e l'azione legale dello stesso contro il giornale: il reverendo la vinse.
Subito dopo, libelli satirici su di lui comparvero appesi agli angoli delle strade londinesi e si stima che venissero distribuiti durante il 1813 circa ventimila pamphlet contro Church.

Il clamore danneggiò la salute della moglie, che morì lo stesso anno. Church si risposò immediatamente con una catechista.

La sue fama cresceva; durante il 1813 aprì una nuova chiesa, aveva sempre più fedeli e donazioni.

Ma appena tre anni dopo, eccolo di nuovo nell'occhio del ciclone.
Questa volta l'accusa di essere sodomita gli viene dal diciannovenne Adam Foreman, servitore in una casa dove Church era stato ospite per breve tempo.

Foreman accusa il reverendo di essersi infilato nel suo letto di notte, di aver messo le mani sulle sue "parti private" e di aver simulato una voce di donna, per fingere di essere la ragazza di Foreman.
Il dibattimento (durato tre mesi) consistette per lo più in valutazioni su quanto la finestra della stanza fosse distante dal lampione della strada su cui si affacciava, e quindi se ci fosse stata abbastanza luce perché il ragazzo potesse indicare con sufficiente precisione che il proprio assalitore era Church.



Alla fine, Church venne dichiarato colpevole. Una folla lo attese all'uscita dal processo per bersagliarlo con lancio di fango ed escrementi, e un pupazzo impagliato che lo raffigurava venne bruciato.

La sentenza, del 21 novembre 1816, parla di due anni di carcere e di 500 sterline di cauzione da impegnare a garanzia del suo futuro buon comportamento, in caso venisse rilasciato prima dei termini stabiliti.
Il reverendo passò 730 giorni in prigione, confortato dalle sue fedeli (che arrivavano ogni giorno a portargli cibo e parole di consolazione), dal permesso di ricevere le visite dei familiari e di leggere quel che voleva: per le condizioni dell'epoca, Church poteva anche considerare di essere trattato decentemente.

Non appena tornò libero, si recò a predicare la sera stessa, davanti a un pubblico stimato in un migliaio di persone: continuò a tenere la testa alta e ad officiare nella sua chiesa.
uttavia, qualcosa in lui si era spezzato. I suoi sermoni erano sempre più cupi e lui stesso sempre più spesso messo fuori combattimento dal bere.
Non si hanno notizie sulla sua morte. Sappiamo solo che il suo ultimo sermone fu pubblicato nel 1824.



Con la scomparsa delle Società per la riforma del costumi anche le persecuzioni contro i mollies diminuiscono e all'alba del nuovo secolo le istituzioni tipo molly house mutano inevitabilmente, in presenza dei nuovi equilibri e delle nuove convinzioni sociali (mediche, antropologiche. .) in materia di omosessualità.

L'ultima traccia che ci resta è la menzione di un simile luogo di ritrovo nella seconda metà del secolo scorso, in Cleveland Street: assurse agli onori delle cronache perché frequentato da uno dei figli di re Edoardo VII, il Duca di Clarence, detto anche "il Principe Colletto & Polsini" per il suo dandysmo[2] .


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