Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) e la condanna dell'omosessualità

27 aprile 2005

In qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Benedetto XVI ha firmato diversi documenti che trattavano di omosessualità: una lettera ai vescovi della Chiesa cattolica, una lettera riservata ai vescovi degli Stati Uniti, la notifica di un provvedimento disciplinare a due religiosi americani e una nota ufficiale rivolta ai politici cristiani sulle unioni di fatto tra persone dello stesso sesso.


Prima di analizzarli è però utile ricordare che l'omosessualità, pur essendo stata sistematicamente condannata da numerosi autori cristiani, non era mai stata praticamente presa in considerazione dal magistero della Santa Sede prima del 1975 quando, con la dichiarazione Persona Humana, la Congregazione per la Dottrina della Fede ribadiva la tradizionale condanna degli atti omosessuali (che "in nessun caso possono ricevere una qualche approvazione") anche se suggeriva prudenza nell'attribuire la piena responsabilità di questi atti agli omosessuali stessi.


Quando, nel 1981, Joseph Ratzinger lasciò la cattedra di Monaco di Baviera per diventare Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in alcune diocesi degli Stati Uniti e del Nord Europa si andava ormai diffondendo l'idea che fosse importante offrire alle persone omosessuali spazi in cui confrontarsi sui loro problemi specifici, per aiutarle a vincere quel senso di emarginazione che spesso accompagnava il vissuto di lesbiche e gay. Da più parti era emersa l'esigenza di avere un documento che aiutasse i vescovi a orientarsi in questo lavoro di accoglienza e di sostegno fornendo loro, eventualmente, un linguaggio che tenesse conto dei risultati a cui erano giunte, nel frattempo, le diverse discipline psicologiche.


La risposta a queste richieste fu una lettera (cfr. Homosexualitatis Problema) indirizzata a tutti i vescovi della Chiesa cattolica, pubblicata nel 1986 che, dopo aver presentato il documento del 1975 osservava che:


Nella discussione che seguì la pubblicazione furono proposte delle interpretazioni eccessivamente benevole della condizione omosessuale stessa, tanto che qualcuno si spinse fino a definirla indifferente o addirittura buona.

Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale.

Per questo motivo l'inclinazione stessa deve essere considerata come oggettivamente disordinata.


Non solo, quindi, la condanna veniva ribadita, ma i toni diventavano più duri e l'intrinseco disordine degli atti omosessuali diventava intrinseca "malvagità", mentre la stessa condizione omosessuale veniva considerata come "oggettivamente disordinata".


Alla luce di queste premesse si invitavano quindi i vescovi a non appoggiare in alcun modo dei non meglio identificati "gruppi di pressione che tentano di accreditarsi come rappresentanti di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche", perché animati da persone che "o ignorano o cercano di sovvertire l'insegnamento della Chiesa".

E anche se si deploravano con fermezza il fatto che "le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente" si precisava che "la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata".

D'altra parte la pratica dell'omosessualità viene presentata come una seria minaccia per la "vita e il benessere di un gran numero di persone", minaccia di cui la Chiesa non può non preoccuparsi ribadendo la sua ferma posizione di condanna.


Questa idea della condizione omosessuale come fonte di pericolo per la società è stato il motivo dominante di un successivo intervento del cardinal Ratzinger in materia di omosessualità.

Si tratta di una lettera riservata che aveva come destinatari i vescovi degli Stati Uniti (cfr. Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali).

Il testo di questo documento riservato è stato poi pubblicato sull'"Osservatore Romano" nella primavera del 1992.

Il passaggio centrale di questo nuovo documento era presentato nel paragrafo 13.


Includere la tendenza omosessuale fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l'omosessualità quale fonte positiva di diritti umani.

Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all'omosessualità che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali.

Il passaggio dal riconoscimento dell'omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell'omosessualità.

L'omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a una asserita discriminazione e così l'esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l'affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali.


Si chiedeva pertanto ai singoli episcopati di non appoggiare tutte quelle leggi che hanno come obiettivo la difesa degli omosessuali dalle varie forme di discriminazione a cui sono soggetti nella vita privata, sul lavoro e nella società.


Nel tentativo di giustificare ulteriormente questa scelta di fondo, la lettera del 1992 conteneva anche una condanna implicita di qualunque forma di coming out distinguendo gli omosessuali "buoni" (che tengono nascosto il loro orientamento omosessuale), dagli omosessuali "cattivi" (che decidono di uscire dall'ipocrisia e di non nascondere più le loro preferenze sessuali).

Si legge infatti nel paragrafo 14:


La tendenza sessuale di un individuo non è in genere nota ad altri, a meno che egli identifichi pubblicamente se stesso come avente questa tendenza o almeno qualche comportamento esterno lo manifesti.

Di regola, la maggioranza delle persone a tendenza omosessuale che cercano di condurre una vita casta non rende pubblica la sua tendenza sessuale. Di conseguenza il problema della discriminazione in termini di impiego, alloggio ecc. normalmente non si pone.

Le persone omosessuali che dichiarano la loro omosessualità sono in genere proprio quelle che ritengono il comportamento o lo stile di vita omosessuale essere "indifferente o addirittura buono" (cf. n. 3), e quindi degno di approvazione pubblica.

È all'interno di questo gruppo di persone che si possono trovare più facilmente coloro che cercano di "manipolare la chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile" (cf. n. 9), coloro che usano la tattica di affermare con toni di protesta che "qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione" (cf. n. 9).

Inoltre, vi è il pericolo che una legislazione che faccia dell'omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge.


Sull'argomento omosessualità la Congregazione per la Dottrina della Fede è tornata nuovamente nel luglio del 1999 con una notificazione disciplinare indirizzata a suor Jeannine Gramick e a padre Robert Nugent, due religiosi statunitensi diventati famosi per la loro ventennale attività di accompagnamento pastorale delle persone omosessuali e delle loro famiglie (cfr. Notificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede a suor Jeannine Gramich, SSND e a padre Robert Nugent, SDS).

La lettera, nel raccontare la storia del lungo processo che c'era stato a loro carico, conteneva alcune affermazioni sull'omosessualità che non si possono tralasciare. In particolare, nel descrivere l'esito negativo del processo a carico padre Nugent, la Congregazione per la Dottrina della Fede deplorava il fatto che:


Padre Nugent non ha sottoscritto la dichiarazione che aveva ricevuto e ha risposto formulando un testo alternativo che modificava la dichiarazione stilata dalla Congregazione in alcuni punti importanti.

In particolare non stabiliva che gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati e aggiungeva una sezione in cui veniva messa in dubbio la definitività e l'irrevocabilità della dottrina cattolica su quest'argomento.


Era la prima volta che la condanna degli atti omosessuali veniva proposta da un organismo della Santa Sede come "definitiva" e "rrevocabile", Due termini che di solito vengono utilizzati esclusivamente per quei documenti (pochissimi) emanati dai Concili e dal Pontefice in cui il magistero della chiesa si avvale della sua autorità infallibile.


È infine del 2003 l'ultimo documento che, in ordine di tempo, la Congregazione per la Dottrina della Fede, ha dedicato all'omosessualità nel tentativo, ormai disperato, di impedire il riconoscimento delle unioni omosessuali da parte di numerosi Stati europei.

Il titolo del documento è: Considerazioni circa il riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali e la forma è quella della Nota ufficiale approvata dal Papa.

In questo documento sono numerose le nuove affermazioni di condanna dell'esperienza omosessuale. In particolare, nel paragrafo 2 si dice che:


Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale.

In accordo con questa affermazione si sostiene che il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali: "sarebbe destinata perciò a causare l'oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell'istituzione matrimoniale" e si arriva a condannare come immorale il comportamento di quei politici che non si oppongono fermamente a tale riconoscimento.


Nel caso in cui si proponga per la prima volta all'Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale.


Come mostrano tutti i documenti presi in esame l'atteggiamento di Benedetto XVI nei confronti della questione omosessuale è stato sempre e comunque condizionato non solo da una condanna degli atti omosessuali (ripresa integralmente dal magistero tradizionale), ma anche dalla condanna sistematica di qualunque forma di affermazione pubblica da parte delle persone omosessuali, del proprio orientamento specifico.

In questo senso gli interventi del cardinal Ratzinger hanno aggiunto elementi nuovi al tradizionale atteggiamento di rifiuto dell'omosessualità che si osserva tra gli alti vertici della gerarchia cattolica.

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