«Dobbiamo dare speranza alla gente. Speranza per un mondo migliore, speranza per un domani migliore. Non si può vivere di sola speranza, ma senza di essa la vita non vale la pena di esser vissuta»
Chi era Harvey Milk? La domanda nasce da una visione dell’ultima opera di Gus Van Sant, Milk con Sean Penn. L’anteprima in Italia è avvenuta il 23 gennaio. A Milano a organizzare l’iniziativa pubblica di presentazione del lungometraggio è stata l’associazione omonima. Il film ha appassionato molte e molti venendo a conoscere con estrema capacità interpretativa di uno dei più noti e conosciuti attori dell’ultimo secolo un uomo che coniugò il percorso di autodeterminazione personale con una visione di liberazione della società dai pregiudizi, dalle ideologie asfittiche che creano esclusione ed eliminano il dibattito, il dialogo, dalle catene della subordinazione e della discriminazione.
Milk era tutto questo. Il suo era un programma per la città, nel momento in cui fu candidato, per quattro volte, alla carica di “supervisor” presso il Consiglio Comunale della città più libertaria e avanzata del mondo in tema di tolleranza delle diversità: San Francisco.
Erano gli anni Settanta e la città californiana si risveglia da un lungo periodo di oppressione, perbenismo e discriminazione della comunità omosessuale, che a San Francisco risulta essere molto sviluppata, assumendo il ruolo di protagonista a livello mondiale. Harvey Milk interpeta la necessità di modificare il proprio stile di vita, in una prima fase, fino ai 40 anni, passata in una consapevolezza privata del proprio orientamento, senza dichiararsi pubblicamente: l’esigenza di esprimere liberamente la propria sessualità fa del messaggio di Milk l’esigenza di un riscatto di tutte le classi più deboli ed escluse, vittime di violenze e di soprusi, in una logica dell’ingiustizia che tende a eliminare le differenze, a omologare le esistenze, alienandole e normalizzandole.”Prima venne la sensazione di essere differenti”: con questa frase si riassume l’impegno che portò Milk come maturazione a condividere con altri un’esperienza politica che vide nella rivendicazione dei propri diritti un modo per prospettare una società alternativa, una città diversa, un mondo migliore possibile perché necessario. «Se una pallottola dovesse entrarmi nel cervello, possa questa infrangere le porte di repressione dietro le quali si nascondono i gay nel Paese.».
E’, questa, la frase che suggella il testamento che Harvey lasciò alla comunità gay, alla società in attesa di uno scatto verso la giustizia sociale e l’eguaglianza, dopo anni di lotte per l’affermazione del principio di Martin Luther King “vorrei un giorno che tutti fossero considerati uguali a prescindere dal colore della propria pelle”: occorreva resistere e sconfiggere le anime creazionarie e retrive, medioevali di una logica che tendeva a eliminare le minime garanzie per gli omosessuali. Parlo di quella lunga campagna elettorale per vincere il referendum e chiedere di votare contro la proposta 6 intesa ad abrogare quelle norme che consentono agli omosessuali di insegnare liberamente nelle scuole pubbliche.
In questa campagna diverse figure del mondo politico, il senatore conservatore John Briggs della California, e del mondo dello spettacolo, con aria populista, come la cantante country Anita Bryant, si schierano in modo accanito a favore della proposta, considerando l’omosessualità una malattia da curare, pericolo per la famiglia tradizionale, il delirante motto “Save oru children”. La grande vittoria a larga maggioranza nei consensi referendari per il mantenimento di una conquista di civiltà portò ad affermare un movimento in espansione il quale, tramite una contaminazione collettiva, poteva avere gli strumenti per abbattere pregiudizi e spianare la strada verso l’affermazione di una democrazia compiuta, responsabile e giusta.
Harvey in Campidoglio a San Francisco è colui che parla di un’idea altra di città: non è solo “major” di Castro Street, la zona dove vive e agisce politicamente, dove nei primi anni della sua permanenza in città dovette imbattere nelle discriminazioni quotidiane di una comunità assuefatta a vedere considerati gli omosessuali come reietti da eliminare e da arginare. Harvey in Campidoglio diventa portatore di stimoli nuovi e alfabeti politici rinnovati, non stereotipati, coinvolgenti, vivi, vibranti, non semplici slogan, ma significanti che assumono significati reali. Moscone, il sindaco che veniva definito un “eterosessuale gay friendly”, sostenuto dalla comunità omosessuale di San Francisco firmò e convalidò le proposte del collega Harvey, fino ad arrivare alle proposte per riconoscere un inizio di estensione dei diritti degli omosessuali.
Oltre a questo impegno Milk insieme a Moscone promuove una legislazione e provvedimenti per istituire le sovvenzioni per l'assistenza sanitaria, la gratuità dei trasporti pubblici e la creazione di una commissione cittadina per supervisionare l'operato della polizia. Altre battaglie politiche videro costellare la breve permanenza di Milk al Campidoglio nell’amministrazione Moscone: un nuovo piano di edilizia popolare e una prospettiva alternativa di sviluppo urbanistico, di tutela dell’ambiente e di sua promozione. Non possiamo che definire questa politica come progressista, misurata nel contesto temporale e storico in cui essa si inserisce.
La stessa volontà e coraggio di Moscone vedevano nelle riforme uno spiraglio di speranza del cambiamento, frase oggi molto attuale, di cui gli Stati Uniti d’America e il mondo intero necessitavano, e ancora oggi necessitano. Moscone e Milk concludono drammaticamente la propria attività amministrativa. Dan White, il consigliere conservatore, 32 enne e agnte di polizia, uccide sia Moscone, perché non avrebbe accolto il ritiro da parte di White delle proprie dimissioni, a fronte di una politica reazionaria sconfitta, sia Harvey, in quanto ritenuto dall’omicida responsabile di questo.
Introducendosi furtivamente in Campidoglio, poche ore prima della conferenza stampa che avrebbe dichiarato l’insediamento del nuovo consigliere sostituente, White spara colpi di pistola con 10 pallottole contro il sindaco e contro Milk, freddandoli entrambi. E’ il 27 novembre, esattam,ente un anno dopo l’elezione di Milk a supervisor, avvenuta il 7 novembre dell’anno precedente. I giorni seguenti saranno continue manifestazioni della comunità omosessuale di San Francisco: una grande massa invaderà come un’onda la città californiana, manifestando la propria indignazione e la propria condanna, esprimendo, però, come il pensiero di Mill fosse imperituro, sebbene il suo corpo non fosse più vivo. In The Times of Harvey Milk, documentario del 1984 scritto e diretto da Rob Epstein, vincitore dell'Oscar al miglior documentario, si vedrà come la lunga mobilitazione, che contaminò chiunque, riunendo all’unisono le anime democratiche, pacifiste e progressiste, liberal, della città, non si fermò neppure davanti alla sconcertante sentenza che comminò a White pochi anni di detenzione, perché considerato psicolabile in quanto avrebbe ingerito nella stessa mattinata una merendina che avrebbe ostruito alcuni passaggi di sangue al cervello.
L’assurdità di questa affermazione ha destato forte opposizione da parte di chi avrebbe voluto ridare giustizia al nome di un uomo che ha impegnato la sua vita a una causa politica di miglioramento della città e delle sue condizioni di vita. Ricordiamo che nello stesso anno qualche mese prima, il 21 giugno, un ragazzo, Robert Hillsborough, muore dopo essere stato accoltellato, solo perché gay. Ma ricordiamo anche come nella città delle retate contro i locali omosessuali, alcune settimane dopo, 250.000 persone si sarebbero radunate a San Francisco per il Gay Pride più numeroso mai organizzato fino ad allora.
“Se una pallottola dovesse entrarmi nel cervello, possa questa infrangere le porte di repressione dietro le quali si nascondono i gay nel Paese”, con queste parole che riprendo, concludo questa prima presentazione di una persona, che non può essere considerata eroe nel senso del coraggio, ma lungimirante cittadino che ha donato la sua esistenza alla causa di riscatto dei diritti civili e umani, partendo dalla propria condizione, che è quella di tante e di tanti altri nascosti, ignorati, dileggiati e perseguitati, spesso. Milk è strato colui che ha saputo proporre un nuovo pensiero attraverso una nuova prassi: quando l’azione diventa caratterizzante di un processo rinnovatore per il miglioramento dell’umanità e delle sue condizioni di vita.