Colonne sonore che passione

La musica nei film a tema glbtq

18 febbraio 2010, Pride, n. 123, settembre 2009

Affermare che la musica costituisca la colonna sonora della nostra vita può apparire esagerato o riduttivo (dipende dai punti di vista), eppure per chi l'ama profondamente essa rappresenta effettivamente un riferimento fondamentale in molta parte del vivere quotidiano: quante volte vi è capitato di sentire alla radio un brano e subito un ricordo riaffiora, magari importante, sia esso gioioso o doloroso; oppure, al contrario, state vivendo un particolare momento e vi rifugiate nella musica per ascoltare ciò che più vi da gioia o ciò che più vi emoziona?

Premesso che quando si parla di "sentire" la musica, ci si pone su di un piano molto soggettivo (al sottoscritto piace pensare che ci si possa avvicinare alla musica in tre fasi: prima si sente con l'orecchio, poi si ascolta con la mente e infine si "sente" col cuore), vorrei poter condividere con i lettori le emozioni provate al ricordo di un film, suscitate dall'ascolto di una colonna sonora. Per questo motivo vogliamo proporvi una rapida e tuttavia incompleta carrellata di musiche che hanno fatto da sfondo a film a tema omosessuale.

La scelta della colonna sonora di un film può dipendere dall'ingegnere del suono o da altri "addetti ai lavori". Ma la maggior parte delle volte è il regista che decide a chi affidare le musiche per i propri film: la storia del cinema è piena di sodalizi famosi tra compositori e registi, basti pensare a Nino Rota per Federico Fellini o Ennio Morricone (che ha anche firmato la trilogia de "Il vizietto") per Sergio Leone e ancora sul fronte moderno Claudio Simonetti per Dario Argento; all'estero John Williams per Steven Spielberg e George Lucas, ecc. Sul fronte gay, in Italia c'è la collaborazione ormai decennale tra Ferzan Ozpetek e Andrea Guerra, che ha firmato "Le fate ignoranti", "La finestra di fronte", "Cuore sacro" e "Un giorno perfetto", mentre in Spagna Alberto Iglesias è in pratica l'incontrastato autore delle colonne sonore per la maggior parti dei film di Almodóvar (a parte qualche sporadica eccezione), compreso l'ultimo "Los abrazos rotos". "Le composizioni di Iglesias rispondono e contribuiscono ad un orizzonte alterato della percezione, modellato da un recupero consapevole delle tradizioni musicali e la riscoperta dei vecchi compositori e delle colonne sonore" (da "European film music" a cura di Miguel Mera e David Burnand). Ciò che colpisce, soprattutto in "Tutto su mia madre" e "Parla con lei", è l'efficacia dei momenti sonori creati da Iglesias, in perfetta simbiosi con i paesaggi e le atmosfere di luoghi descritti dal regista spagnolo, inserendo nel commento diversi riferimenti folk propri della tradizione di quelle terre. Ozpetek e Almodóvar sono accomunati anche dalla ricerca costante di riferimenti sonori che possano sottolineare le loro opere. Entrambi hanno pubblicato compilation in cui compaiono brani - spesso attinti da una tradizione pop e popolare - che in qualche modo strizzano l'occhio a gusti legati all'immaginario gay, come Mina (nello spagnolo "Matador", ma anche in "Tacchi a spillo" con l'interpretazione di Luz Casal; e nell'italiano "La finestra di fronte"), Gabriella Ferri, Nada, Stefania Rotolo, Sofia Loren e, sul fronte spagnolo, La Lupe, Chavela Vargas, Xavier Cugat e persino Little Tony ("Un cuore matto" in "La mala educación"). Almodóvar, che troviamo anche nella veste di cantante nei commenti sonori di "Labirinto di passioni" e "La legge del desiderio", presentando la sua seconda compilation ha detto: "Le canzoni nei miei film sono parte essenziale della sceneggiatura, una specie di voce off che spiega, svela segreti e arricchisce l'azione nei momenti in cui compare". In Italia gli fa eco Ozpetek che nel commento al suo primo "The Opzetek files", in cui propone invece un'ipotetica colonna sonora emozionale, ha sottolineato: "La maggior parte dei brani raccolti in questo disco stavano per far parte di uno dei miei film, ma poi sono rimasti solo nella colonna sonora della mia fantasia. Sono dei fantasmi, dei ricordi, delle emozioni che non sono diventate soundtrack ma che ancora abitano il mio film interiore".

È indubbio che "Gocce di memoria", magistralmente interpretata da Giorgia, "Il Sole al Nadir" di Antonella Ruggiero, oppure la tangheggiante "Passione" di Neffa, possano rimanere punti di riferimento per chi ha sempre amato i film di Opzetek, così come "Espérame en el cielo", "Un Año De Amor", "Piensa en mi" e "Puro teatro" tutte canzoni che campeggiano nelle playlist gay italiane e spagnole.

Spostandoci oltre oceano, scopriamo che i film americani a tema glbt sono spesso costellati di canzoni che richiamano fortemente il repertorio collettivo della comunità omosessuale. In questo contesto la canzone più rappresentativa è fuor di dubbio "I will survive" di Gloria Gaynor, che troviamo in "Priscilla la regina del deserto", in "In & out" (cantata da Diana Ross) e nell'inglese "Quattro matrimoni e un funerale" e chissà in quanti altri ancora. Poi ci sono i Village People, gli Abba, Patti Labelle ("Stonewall" e "To Wong Fo"), Petula Clark ("Billy's Hollywood screen kiss"), Judy Garland, ecc.

L'America è però anche la patria delle commedie musicali , tra le quali va annotata senz'altro "Victor Vittoria" di Henry Mancini, ma anche uno dei primi film a tema gay di grossa portata, purtroppo tutt'ora mai riprodotto in DVD in Italia, "Torch song trilogy" (in Italia "Amici, complici, amanti"), scritto e interpretato da Harvey Fierstein. La colonna sonora, tutt'altro che scontata, riporta alcuni standard jazz americani tra i più rappresentativi, alcuni interpretati per l'occasione dallo stesso Harvey. Il jazz è presente anche in "De-lovely", biografia edulcorata del musicista Cole Porter, che conta parecchi ospiti d'eccezione tra cui Diana Krall, Robbie Williams, Alanis Morisette, Sheril Crow e Natalie Cole. Meno pretenziosa del precedente, ma più verace, è "Jeffrey"; con una bella colonna sonora in stile musical ad opera di Stephen Endelman.

Rimanendo negli Stati Uniti un discorso a parte vanta "Philadelphia", che comprende non solo il brano "Streets of Philadelphia" scritto appositamente da Bruce Springsteen e che ha fatto il giro del mondo, ma anche l'omonimo brano scritto da Neil Young e il celeberrimo "La mamma morta", estratto dall'opera "Andrea Chénier" di Umberto Giordano e interpretato da Maria Callas, a sottolineare uno dei momenti più suggestivi di tutto il film.

Chiudiamo la carrellata delle produzioni made in USA con due film relativamente recenti, iniziando dal premio oscar alla regia (nonché come migliore colonna sonora) del 2006 "I segreti di Brokeback mountain" del taiwanese Ang Lee (già regista di un altro film gay "Il banchetto di nozze" del 1993). Il commento sonoro si suddivide tra le composizioni delicate in stile country dell'argentino Gustavo Santaolalla - ispirate ai meravigliosi paesaggi in cui è celebrata la passione tra Jack Twist ed Ennis del Mar - e da una manciata di titoli che viaggiano sugli stessi binari sonori come "He was a friend of mine" di Bob Dylan (cantata da Willie Nelson), "Its so easy" interpretata da Lionda Ronstadt e la famosa "King of the road", eseguita da Teddy Thompson e Rufus Wainwright. Più coraggioso Gregg Araki, che ha deciso di affidare a Robin Guthrie e Harold Budd le musiche per il suo "Mysterious skin", con il quale il regista affronta con spietata lucidità, ma anche in maniera sognante il tema della pedofilia. La collaborazione tra uno dei padri dell'ambient music e il co-fondatore dei Cocteau Twins si adatta perfettamente alle scene che evocano l'infanzia dei due ragazzini, prede di un allenatore dai pochi scrupoli.

Prima di lasciare gli Stati Uniti però vale la pena annotare un CD alquanto singolare: è la compilation dal titolo "Out at the movies" (1999 - Varèse Sarabande), che racchiude 12 estratti da altrettanti film a tema glbt, arrangiati dal compositore e chitarrista jazz Grant Geissman.

Oltre Manica troviamo almeno due colonne sonore degne di nota: l'acclamato "La moglie del soldato" ("The crying game") e il tenero "Beautiful thing". Il regista irlandese Neil Jordan sceglie Anne Dudley (già membro degli Art of Noise), che si destreggia in maniera appassionata dirigendo la Pro Arte Orchestra di Londra e contendendosi il commento sonoro con i Pet Shop Boys, produttori di alcuni brani azzeccati, tra cui la canzone che prende nome dal film, interpretata da Boy George. Il compositore inglese John Altman è invece l'autore delle musiche che sottolineano i momenti più drammatici dell'adolescenza di Jamie e Ste, i due personaggi creati dal commediografo gay Jonathan Harvey (fra l'altro co-autore assieme ai Pet Shop Boys del musical "Closer to heaven"). Mentre inizia a scrivere "Beautiful thing" all'età di 24 anni, Harvey s'infatua della musica di Mama Cass e dei Mamas & Papas; decide così di contrapporla alla melanconia espressa da Altman come costante "positiva" ricorrente in tutto il film, affidando a Leah, l'impertinente vicina di Jamie e Ste, il compito di cantare a squarcia gola sui dischi della famosa cantante americana. Il film termina con i due ragazzi che ballano lentamente nel loro cortile al suono di un vecchio suo classico. Commovente.

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