Bari Pride 2003

Gli eventi

Il "BariPride2003" fu il Pride nazionale unitario lgbt tenutosi a Bari il 6 giugno 2003 [1].


La sua organizzazione fu preceduta da un dibattito piuttosto acceso fra i collettivi romani da una parte, che sostenevano la "naturale" vocazione di Roma ad essere l'unica città ad ospitare tutti gli anni il Pride nazionale, e la maggioranza del resto del movimento lgbt italiano, che desiderava proseguire nella pratica di fare ospitare ogni anno in una città diversa il Pride nazionale.

La sua organizzazione fu molto travagliata, dato che gli organizzatori furono presi di mira da un gruppo di estrema destra con "entrature" nelle forze dell'ordine, al punto che il presidente Michele Bellomo fu aggredito e picchiato, e fu costretto a girare con la scorta per un anno.

In compenso il risultato fu ottimo, con una partecipazione quasi "corale" della città ed una risposta altrettanto unitaria da parte dei gruppi di tutta Italia.
L'iniziativa fece discutere a livello locale per un anno l'intera Puglia sui diritti delle persone lgbt, costituendo di fatto il necessario "sdoganamento" della questione omosessuale che avrebbe reso possibile di lì a poco l'elezione del primo Presidente di Regione dichiaratamente omosessuale in Italia, Nichi Vendola. Senza le premesse poste da questo evento difficilmente questa elezione si sarebbe svolta senza le polemiche omofobe che in altre occasioni hanno accompagnato eventi simili.

Conseguenze politiche

L'evento segnò anche il primo "laboratorio" di discussione da parte della classe politica italiana, ancora (per poco) incerta dalla posizione da prendere nei confronti della questione lgbt: una parte del centrodestra infatti si schierò esplicitamente a favore dell'evento, tanto che il presidente della Regione Puglia (di Forza Italia), Raffaele Fitto, concesse il patrocinio all'evento [2].
Schierata a favore anche la Cgil e la sinistra di Rifondazione Comunista, mentre fra gli oppositori netti si schierò Forza Nuova, con una violenza e una volgarità tale da aver forse favorito la presa di distanza da parte del mondo "moderato".
La stessa Chiesa, nella persona di monsignor Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari, evitò la contrapposizione frontale (certo memore della sconfitta subita in occasione del World Pride due anni prima), riconoscendo che manifestare è un diritto di tutti i cittadini e limitandosi a chiedere una manifestazione "non volgare".
Più subdola fu invece l'opposizione a sinistra, che si espresse prima dell'evento in un appoggio tiepido e dopo l'inatteso successo nei tentativi di minimizzarne la portata, e soprattutto di sostenere che le minacce omofobe e le aggressioni subite dagli organizzatori erano state "una montatura".

In effetti questo evento vide anche l'inaugurazione della "macchina del fango" che negli anni successivi avrebbe fatto sempre più spesso apparizione nel e contro il movimento lgbt: si arrivò al punto d'imputare Bellomo per "simulazione" per le minacce e l'aggressione subita. Successivamente l'accusa si dimostrò falsa [3], anche perché erano state appurate le responsabilità di Forza Nuova nelle aggressioni non solo ai danni del BariPride, ma anche di esponenti della sinistra e dei centri sociali di Bari.

Purtroppo una parte della sinistra, quella che puntava all'accordo al contro con i cattolici contro il tentativo (successivamente riuscito) di Nichi Vendola di proporre una coalizione più spostata verso sinistra, fu molto scontenta dell'ottimo risultato del Bari Pride, ed iniziò una campagna sotterranea di denigrazione, alla quale si deve per esempio il fatto che tuttora la maggior parte dei militanti gay baresi più giovani crede ancora alla tesi della "simulazione" delle aggressioni e delle minacce.
Le tensioni causate da questo attacco concertato da parte della destra e della sinistra portò paradossalmente all'abbandono della militanza da parte di Michele Bellomo ed allo scioglimento del gruppo Arcigay barese.

Bibliografia

Link esterni

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