Pozzo della solitudine, Il [1928]. Il primo romanzo lesbico!

20 febbraio 2005, http://www.gayroma.it/10dicembre2004b.asp

[Edito in versione più lunga sul sito Gay Roma.it col titolo: Un libro famoso: "Il pozzo della solitudine" di Radclyffe Hall. Adattamento di G. Dall'Orto].

Verso la fine degli anni Venti una giovane donna inglese scriveva un romanzo a Parigi.

La capitale francese doveva essere in quegli anni ancora più splendida di oggi: ai bianchi palazzi settecenteschi si affiancavano le piccole botteghe, sulla riva sinistra (la Rive Gauche) della Senna, che dolcemente divide in due la città, la vita culturale era vivacissima: studenti e artisti famosi e sconosciuti affollavano i piccoli caffè, i bistrot dove si poteva mangiare con pochi spiccioli o far conto.

Nella libreria inglese di Sylvia Beach, coraggiosa americana innamorata della letteratura, di Parigi e della collega Adrienne Monnier, si potevano incontrare il dublinese James Joyce e il poeta Eliot, il giovane Hemingway e André Gide con il suo mantello nero.

Nelle sale da ballo si suonava musica jazz.

Comunisti e socialisti lottavano per una nuova, felice, egualitaria società e, a loro modo, anche i Surrealisti capeggiati da André Breton.
Marcel Proust era morto da qualche anno dopo aver compiuto la sua opera: un bellissimo romanzo in sette volumi intitolato Alla ricerca del tempo perduto.

Eccentriche americane, eredi d'ingenti fortune, a Parigi diventavano anticonformiste.

Le gonne erano corte (come i capelli, solitamente portati alla 'garçonne', una pettinatura di moda); sul tailleur, inventato dalla stilista Coco Chanel, s'indossavano, a volte, eleganti cravatte grigie.

Gli aristocratici russi fuggiti dopo la rivoluzione di Lenin del 1917 vivevano facendo i tassisti e abitando in soffitte.

L'Europa oscillava tra progresso e reazione, tra comunismo e fascismo, tra voglia di cambiare e voglia di tornare indietro, tra avanzamento e regresso.

Il cinematografo era la nuova arte ( "Il teatro dei poveri", l'aveva definito il leader socialista e pacifista Jean Jaurés).
Parigi era anche l'unica capitale europea, insieme a Berlino, in cui lesbiche e gay potessero vivere dichiaratamente senza che quasi nessuno si scandalizzasse, soprattutto nella Rive Gauche.

Invece oltre la Manica, a Londra, troppi si scandalizzarono per Il pozzo della solitudine (The well of loneliness), il romanzo che la scrittrice Radclyffe Hall aveva scritto a Parigi e pubblicato in patria nel 1928.

Ancora bruciante era il ricordo del processo a Oscar Wilde che a fine secolo era stato condannato, con l'accusa di omosessualità (v'era in Gran Bretagna contro gli omosessuali una legge, che venne abolita solo nel 1967!) alla bancarotta, al sequestro di tutti i suoi ingenti beni e a due anni di lavori forzati, scontati i quali sopravvisse per soli tre anni in esilio tra Napoli e Parigi, ignorato da quasi tutti gli amici e i colleghi. Proprio a Parigi sarebe morto, in povertà, sotto falso nome, in un alberghetto parigino, ottenendo solo un funerale di VI categoria... Questo, senza retorica né esagerazioni, era stato il martirio di Oscar Wilde.

Scrivere di omosessualità era dunque assai rischioso in una nazione così ipocritamente moralista, ma Radclyffe Hall sfidò il "divieto".
Nel 1912 Edward Morgan Forster, autore di Camera con vista e Passaggio In India, aveva scritto un bel romanzo a tematica gay: Maurice, ma lo pubblicò solo postumo, nel 1971. Virginia Woolf aveva scritto un racconto su una pianista e un'allieva che si scambiano un bacio che non venne censurato, oggi contenuto nel suo libro Momenti di essere.

Nonostante il libro di Radclyffe Hall non fosse un capolavoro, ma solo un buon libro, quasi tutti le/gli intellettuali britannici (gay ed eterosessuali) si mobilitarono per difenderlo.

Purtroppo non valse a nulla la raccolta di molte firme di Edward Morgan Forster, né il fatto che Virginia Woolf (che era, sia detto per inciso, figlia del compianto sir Leslie Stephen, una gloria nazionale in fatto di filosofia e letteratura), avesse scelto - a suo rischio e pericolo - di difendere l'opera e la scrittrice che non conosceva personalmente.

Era in gioco la libertà d'espressione e la difesa delle minoranze, essendo Il pozzo della solitudine il primo romanzo con una protagonista dichiaratamente lesbica. Eppure, nonostante la solidarietà di scrittrici e scrittori il libro venne proibito!

Di certo non erano stati solo gli abbracci tra Stephy Gordon e Mary Llewellyn a turbare i giurati ma il fatto che, almeno nella letteratura, le lesbiche potessero essere rappresentate non più come "degenerate", ma come donne con un'anima e un cuore. Questa era la sfida del libro all'ipocrita moralismo britannico, e al fascismo che stava dilagando.

Steph Gordon, la protagonista, tenta di analizzare il suo orientamento sentimentale e sessuale con franchezza, è leale, s'innamora due volte e alla fine del libro dimostra di aver fin troppo senso morale.

Per sfatare il luogo comune delle lesbiche come dedite agli stupefacenti e all'alcol, la scrittrice insiste sul fatto che Stephy non fa uso né degli uni, ne dell'altro: il suo unico "vizio" è fumare sigarette. Ma i giudici furono intransigenti: il solo fatto che una donna, in un'opera letteraria, anche se tra mille scrupoli e titubanze, potesse amare spiritualmente e fisicamente un'altra donna ed essere riamata, era impensabile e da vietare... come se ciò non accadesse quotidianamente in tutta l'Inghilterra e nel vasto mondo!

Il pozzo della solitudine faceva uscire le donne allora chiamate "invertite" o "degenerate" dagli stereotipi maschilisti e fortemente offensivi, e dava loro una dignità artistica.

Milioni di donne avevano sofferto nel corso dei secoli per questa negazione dei loro sentimenti, per il fatto che altre donne e uomini potessero disprezzarle anche se non facevano nulla di riprovevole, per il senso di colpa verso i genitori e per non essere state le figlie che gran parte di loro avrebbero desiderato, per non voler vivere e amare secondo l'unico modello dominante ed imposto: la sposa felice e madre, inferiore al marito, esclusivamente fedele al marito.

Chiaramente, nella realtà, non tutti i genitori erano omofobi, non tutti gli uomini maschilisti, non tutte le donne etero si sentivano superiori, non tutte le lesbiche si sentivano inferiori. Molte però si sposavano per essere accettate con un uomo che non amavano, altre restavano single (ma non tutte le single erano lesbiche), altre avevano una doppia vita, molte preferivano il suicidio al disprezzo sociale, poche invece vivevano la loro vita e i loro sentimenti infischiandosene dell'opinione pubblica e del disprezzo della gente.

Chiaramente le lesbiche dichiarate minavano il potere maschile e l'immagine unica della donna. Dimostravano che la diversità è una ricchezza immensa e un fatto naturale.

Alcune assumevano modi molto provocatori, perché stanche delle rigide imposizioni su maschile e femminile, altre rinunciavano alla "protezione" del marito (concetto vetusto, ma non del tutto defunto nemmeno oggi) e lottavano per il rispetto e l'indipendenza economica.

Le donne etero reagivano in due modi: con il disprezzo verso le lesbiche, che talvolta era la maschera d'un orientamento bisessuale negato o vissuto morbosamente nel segreto, o con l'accettazione di un fatto naturale, l'omosessualità, che non le riguardava personalmente ma che rispettavano.

Le lesbiche non mettevano in discussione i sentimenti autentici, l'amore e la sessualità eterosessuale (questo sarebbe stato fatto, in relazione agli uomini, solo negli anni Settanta da alcuni gruppi lesbici, all'interno del movimento femminista), il desiderio di avere figli, ma condannavano la strumentalizzazione delle donne etero, l'enfasi con cui lo Stato, la Chiesa e i benpensanti esaltavano i ruoli di sposa e madre solo per i loro interessi.

Il maggior valore di Il pozzo della solitudine, al di là del suo valore letterario, è proprio quello di aver fatto dire a Stephy Gordon "esisto", e sono un essere umano come tutti, ho diritti e doveri come tutti, il vostro odio è illogico, non chiedo tolleranza (è troppo poco) ma rispetto.

Stephy Gordon è un'aristocratica inglese cresciuta in una vasta tenuta di campagna. Suo padre, Sir Philip, avrebbe desiderato un figlio anziché una figlia, e per questo le ha imposto un nome maschile: Stephen.

Sua madre, Lady Anna, è una bella donna che ha sempre provato diffidenza verso l'unica figlia.

Stephy è cresciuta libera nella tenuta, amando la natura, i cavalli, i cani, essendo buona e generosa con i pettegoli vicini e i numerosi domestici.

Fin da piccola ha detestato le bambole e gli abiti con pizzi e tanti gancetti preferendo i comodi pantaloni da amazzone.

La solitudine di Stephy era stata colmata quando si era "innamorata" a sette anni d'una cameriera di nome Collins. La dedizione di Stephy a Collins è commovente, e ritrae i candidi, asessuati e grandi affetti dei bambini anche se (forse con troppa lungimiranza) Sir Philip vi coglie un segno della "diversità" della figlia. Egli la ama, è comprensivo ed è il suo unico confidente.

Con la madre invece Stephy ha un rapporto difficile, e ogni suo tentativo affettuoso viene crudelmente represso dalla Lady, che diventa sempre più ostile alla figlia.

Stephy fin da bambina si sente diversa dalle coetanee, e questa sensazione si accentua nell'adolescenza, quando si rivela allergica ai balli e ai gentiluomini galanti.

Solo un giovane idealista canadese, Martin, riesce a conquistare l'amicizia di Stephy. Insieme passeggiano, cavalcano, parlano, e vi è tra loro una spontaneità e una libertà che viene mal compresa dai vicini, che non concepiscono l'amicizia tra un ragazzo e una ragazza.

Quando Martin si rende conto d'essersi innamorato di Stephy e le fa un'impacciata dichiarazione d'amore, lei fugge. Poco dopo il giovane riparte per il suo paese.

Solo al padre Stephy racconta come sono andate le cose, e perché ha rifiutato la proposta di matrimonio di Martin. Lei non ama Martin e non è un'ipocrita: accettare la sua proposta di matrimonio avrebbe voluto dire ingannarlo e mettersi al sicuro socialmente.

La morte del padre, per un banale incidente, sconvolge Stephy e la priva dell'unico sostegno affettivo.

Qualche tempo dopo la giovane aristocratica inglese conosce casualmente una chiacchierata giovane signora americana, Angela Crossby, assai bella e bionda, che ha sposato un ricchissimo mercante e che abita in una tenuta vicina. Angela Crossby è annoiata della vita e del marito, ha alle spalle un passato di povertà e di amanti e proviene da una famiglia schiavista del sud degli Stati Uniti, caduta in miseria con la guerra di Secessione (1866).
Fin dal primo incontro Stephy resta colpita dalla giovane signora che, un po' per solitudine, un po' per divertimento, alimenta il nascente sentimento di Stephy, che invece è amore.

Tra loro nasce una relazione quasi platonica e importantissima per Stephy.

Angela sostiene, falsamente, di non voler tradire suo marito, e arriva a negare il suo netto orientamento bisessuale. Solo dopo alcuni eventi spiacevoli Stephy comprende la natura vile e ambigua della donna che ama.

Quando il rozzo signor Crossby manda a Lady Anna la copia d'una disperata lettera d'amore di Stephy ad Angela, la gentildonna è tanto nobile da chiedere perentoriamente all'unica figlia di andarsene dalla casa in cui è nata, e in cui ha sempre vissuto.

Stephy si reca a Londra e poi a Parigi.

Durante la guerra, in cui si è arruolata volontaria come guidatrice di ambulanze, incontra Mary Llewellyn, una diciannovenne del Galles, una ragazza dolce e smarrita che s'innamora perdutamente di lei.
Anche Stephy s'innamora, ma è molto titubante a ricambiare il sentimento di Mary, perché non vuole "condannarla" a una vita di disapprovazione sociale e ingiurie da parte della gente.

Ma un soggiorno in un'isola "tra Spagna e Africa" fa vincere l'amore (Omnia vincit amor - ha scritto Virgilio duemila anni fa).

La coppia si trasferisce nella bella casa di Parigi che Stephy aveva acquistato prima della guerra e conduce una vita serena.

Mary è l'opposto di Angela: è veramente innamorata, è completamente disinteressata, è onesta e sincera. Il disprezzo d'una dama inglese, incontrata durante una vacanza sul lago di Como, la ferisce, ma riesce a superarlo grazie al grande amore che ha per la sua compagna.

Stephy, nel frattempo, non riesce a dedicarsi come vorrebbe al suo lavoro di scrittrice che ha già pubblicato due libri: uno molto ben accolto e l'altro assai deludente.

La storia potrebbe qui volgere a un lieto fine, se non comparisse inaspettatamente Martin, che nonostante l'amicizia e la stima che ha verso Stephy s'innamora di Mary, pur avendo compreso e accettato l'amore delle due giovani donne.

Che cosa accadrà? Come reagirà Stephy? E quali saranno i sentimenti di Mary verso Martin? Raccontarlo vorrebbe dire rovinare la lettura del romanzo alle lettrici e ai lettori he desiderassero leggere questo classico...

Forse alcune parti sono un po' decadenti, e risentono di uno stile molto "anni Venti".

Ma i personaggi precedenti di lesbiche erano stati pochi in letteratura, e nessuna era così dichiarata come Stephy Gordon, personaggio in cui le lesbiche di oggi potranno ritrovare qualcosa di sé, o nulla.

Altri quattro omosessuali appaiono nel romanzo: dal ciarliero, brillante commediografo Brockett, che offre a Stephy amicizia e solidarietà senza troppi chiarimenti, a Valerie Seymour, una gran dama parigina, dichiaratamente lesbica, che offre il suo gradevole salotto alle/agli omosessuali parigini e stranieri, ad una coppia inglese, Jamie e Barbara, povere e piene di dignità.

È possibile che Radclyffe Hall abbia voluto rappresentare in questi omosessuali alcune persone dell'epoca: Brockett ha qualche somiglianza con lo scomparso Oscar Wilde e Valerie Seymour con Natalie Clifford Barney, ricchissima poetessa americana che aveva un celebre salotto a Parigi. Forse anche Jamie e Barbara potrebbero essere ispirate a una coppia realmente conosciuta da Radclyffe Hall.

Radclyffe Hall (il cui vero nome era Marguerite Radclyffe Hall) era nata nel 1886 e morì nel 1943. A ventun anni divenne ricchissima grazie al generoso testamento di un parente e durante un soggiorno in Germania conobbe la cantante americana Mabel Batten, che aveva ventitré anni più di lei, con cui ebbe un'importante storia d'amore.

Mabel Batten la spronò a realizzare il suo desiderio: essere una scrittrice.

Anni dopo visse parecchi anni con la scultrice Una Troubridge. Alcune foto ritraggono Radclyffe Hall in sobri abiti quasi maschili.

E anche i modi erano analoghi: pare che non sia stata troppo gentile con il buon Forster quando le portò la petizione con le firme dei colleghi.

Scrisse anche altre opere, tra cui La lampada spenta, La stirpe di Adamo, Una vita del sabato, Rime e ritmi, ma il suo nome è indissolubilmente legato a Il pozzo della solitudine.

Il libro venne pubblicato in Italia nel 1945 e fu letto più come libro-scandalo che come libro in cui una donna cercava di comprendersi.

In anni recenti la casa editrice Jouvence lo ha riedito nel 1997 in un'edizione tagliata, operazione, a mio avviso, discutibile sul piano letterario e artistico, anche se ben spiegata nella Presentazione del libro. (Io penso che un libro può essere modificato solo da chi l'ha scritto e o si pubblica com'è oppure non si pubblica, tanto più quando un'autrice e un autore sono morti e non possono esprimere il loro parere).

Nel 1999 le edizioni Corbaccio hanno pubblicato un'edizione integrale.

Il libro si può trovare presso la libreria Glbt "Babele" di Roma.


Nota: ringrazio M e C. per le loro gentili email.

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