Nonostante l'apparenza disinibita, il film è una deludente drammatizzazione degli ultimi giorni di vita di un regista di culto, che non aveva mai fatto nulla per nascondere agli occhi di Hollywood la propria omosessualità ed era prematuramente caduto in disgrazia per via di un flop (o almeno questa è la tesi poco credibile sostenuta nel film), per poi morire parecchi anni dopo il suo ritiro in circostanze poco chiare. Indeciso sul da farsi, il film si riduce a un'adunata di banalità che dietro la superficie baldanzosa rivela presto un pericoloso ritorno al macchiettismo e allo stereotipo. McKellen tratteggia con la consueta bravura il suo Whale stanco di vivere ma dotato di una accattivante bizzosità senile, ma l'omosessualità del personaggio è ridotta al luogo comune della devianza aggressiva e contaminatrice. La regia contribuisce solo con squarci onirici più spesso ingenui che efficaci, e lascia per il resto che il film rotoli, attraverso puri omaggi a un modo vecchio e stantio di fare biografia, verso un finale di rara banalità.