Los placeres ocultos: il melodramma come forma di militanza

16 marzo 2004

Girato al tramonto del regime franchista, è il primo film in cui De La Iglesia, regista basco dichiaratamente omosessuale, affronta direttamente il tema dell'omosessualità, benché personaggi gay avessero già fatto capolino in alcuni suoi film precedenti. De La Iglesia, regista prolifico a suo tempo popolare in Spagna (ma ancora pressoché sconosciuto da noi), gira un film originale (almeno per il cinema spagnolo del tempo) e convincente, caratterizzato da uno stile realistico e asciutto, a tratti trascurato, che nella sua semplicità (non priva di qualche tocco originale) sostiene un ambizioso impianto sociale. Il dialogo affronta direttamente alcuni luoghi comuni sull'omosessualità, dichiarando senza mezzi termini la naturalità dell'amore tra uomini. La rivendicazione raggiunge il culmine quando l'adolescente, ormai divenuto amico del banchiere di cui ha respinto l'amore, gli chiede se si farebbe curare nel caso si trovasse un rimedio medico all'omosessualità, e l'uomo risponde che, nonostante la sofferenza provata in gioventù, non si farebbe curare nemmeno se la cura fosse gratuita. Il tema dell'omosessualità, venato di tonalità melodrammatiche di stampo fassbinderiano, si innesta su uno sfondo di scontri di classe che animano l'intreccio ben più dello scontro di orientamenti sessuali, e gli conferiscono tensione, con sbalzi discontinui che attentano al singolare progetto del banchiere di "mettere su una sorta di famiglia" (parole sue) a tre, insieme al suo amato ragazzo e alla di lui fidanzatina. L'ultima parte salta continuamente dalla promessa di un lieto fine al dramma, risolto solo nell'ultimissima inquadratura, con un tocco di ambiguità. Un film importante per la storia del cinema gay e per il movimento gay spagnolo.
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