Nel mettere in scena questa vicenda di cronaca nera, Jackson mette l'accento sull'universo fantastico, romanzesco-avventuroso, che le due ragazzine concepiscono per sottrarsi allo squallore opprimente di un'esistenza insoddisfacente. I ritratti delle figure istituzionali sono delineati con felici tinte grottesche, dalle tremende insegnanti del collegio ai genitori deboli e nevrotici, fino al medico che visita Pauline diagnosticandole un'omosessualità conclamata talmente mostruosa da essere addirittura difficile da pronunciare. Tuttavia non c'è una reale adesione al mondo delle due ragazzine, se non limitatamente al loro amore perseguito come fosse una malattia. Per il resto, Jackson evita di semplificare in modo troppo manicheo l'impostazione del film: Pauline e Juliet sono analizzate con un certo distacco critico, e il regista, che dirige con mano estremamente felice, fa emergere anche i tratti di squilibrio e di psicosi evidenti nel loro comportamento fin dall'inizio e non disdegna venature macabre e orrorose nella costruzione del racconto e nella rappresentazione figurativa dell'immaginario di Juliet, che ricicla anche figure emblematiche del cinema e della musica di quegli anni.