recensione diGiulio Maria Corbelli
La letteratura attraverso vite di scrittori gay
Tra i tanti splendidi autori che la letteratura d'Irlanda ci regala, Colm Tóibín ci ha conquistato con i suoi romanzi per lo stile piano e incisivo, ma anche per la sensibilità squisita con cui tratta tematiche delicate come l'Aids (Il faro di Blackwater), la vita sessuale frenetica quanto nascosta di un giovane argentino al tempo dei generali (Storia della notte), la fuga dall'Irlanda negli anni Cinquanta di una donna che in realtà fugge da se stessa (Sud).
Ora la Fazi Editore ci consente di godere della prosa avvincente di Tóibín messa al servizio della saggistica, con questo intrigante Amore in un tempo oscuro, in cui lo scrittore irlandese ripercorre le vite di nove intellettuali leggendole nell'ottica del loro orientamento sessuale.
La premessa del libro è oltremodo pericolosa: inquadrare l'opera di artisti come Oscar Wilde o Francis Bacon, di Thomas Mann o di Pedro Almodóvar dal punto di vista unico dell'omosessualità rischia da un lato di incorrere in grosse forzature, dall'altro di inciampare nel pettegolezzo o nel "si dice".
Tóibín è abilissimo nell'evitare entrambi i pericoli, tracciando un percorso fatto di tappe molto eterogenee dal quale tuttavia emerge un quadro complessivo dai toni piuttosto univoci. Nell'affrontare i vari personaggi, infatti, Tóibín non usa un solo metodo valido per tutti, ma ricorre ora ad un'approfondita analisi dell'opera dell'artista considerato, ora ad una lettura critica delle biografie pubblicate, ora alla propria conoscenza personale.
Così, nel lungo ritratto di Oscar Wilde emerge il tentativo fallito di vivere con esibita provocazione la propria storia d'amore con Alfred Douglas; dell'esperienza di Almodóvar, Tóibín riferisce semplicemente di un incontro avuto con il regista spagnolo, gettando così una sorta di occhiata privata ma mai troppo indiscreta dietro la sua facciata di burbero e inavvicinabile; e il capitolo dedicato a Thomas Mann, invece, ricostruisce il bilico nel quale visse l'autore di Morte a Venezia, che pur vivendo alcuni innamoramenti travolgenti verso altri uomini, non lasciò mai emergere del tutto la propria omosessualità.
Attraverso l'avvincente ricostruzione dei singoli percorsi personali (alcuni dei quali riferiti a personaggi poco noti al pubblico italiano, perché non ancora tradotti da noi o perché peculiarmente vicini alla identità irlandese di Tóibín) il libro aiuta a costruire una sorta di "critica omosessuale", che azzera le polemiche sull'esistenza di una "letteratura gay" o una "arte gay" ricorrendo alla concretezza del vissuto di chi quella letteratura, quell'arte, l'ha forgiata nella propria quotidianità anche sentimentale.