Drag Queen à penser: "le battute più forti dell'ideologia!".

17 settembre 2004, La Stampa 19 giugno 2002

MILANO «Strano, vero? Per quanto sembri paradossale è un percorso prevedibile, tradizionale. Nei '70, se non eri di sinistra non eri. Io non è che fossi ideologicamente così compresa nel ruolo. Però».

 

Però c´è un passato movimentista nella vita di Platinette. La Drag Queen à penser del salotto di Costanzo, negli Anni 70 andava ai primi campeggi gay di Isola Capo Rizzuto, frequentava Felix Cossolo, Ivan Teobaldelli.

Lo si scopre dalle prime pagine di «Finocchie», autobiografia sulfurea, un diario di Bridget Jones molto sui generis, dove ce n'è per tutti e prima di tutto per i gay compagni di strada, cui, in una lunga appendice, è dedicato un catalogo dettagliatissimo, dall'astrologa alla bancaria, dalla canottierata alla délavé e poi l'informata, l'informatica, la melomane, la messa in piega, l'orsa, la palestrata e via graffiando.

In copertina lei, madame Platinette, ampio vestito stampato, una elaborata acconciatura che ospita una selva di verdure di cui al titolo.


Anticonformista e antipolitically correct a tutti i costi? «Già allora sentivo un forte attrito con le istituzioni di qualsiasi natura. L´Arcigay mi faceva senso, perché un'associazione che tratta finocchi e cacciatori allo stesso modo mi suona strana. Il gusto per la battuta, per la contestazione sono più forti in me di qualsiasi ideologia. Essere in un territorio libero, al di fuori delle ideologie, è meraviglioso. Capisco adesso la prigionia di allora: i film di Jankcsò con piani sequenza di 70 minuti, quelli di Angelopulos, le sedie di Pina Bausch».

 

Che cosa è scattato?

«La voglia di essere bastian contrario. Certo quello era un mondo in apparenza allegro, pieno di fermenti, capace di farti sperare, di proporti aspettative. Puntualmente disilluse dalla realtà. Io non riesco tuttora a fare una serata alla Festa dell'Unità. Come però non riesco ad andare alle feste di An, nonostante me lo chiedano da un paio d'anni. Questo denuncia quanto le ideologie sono vittime di se stesse e incapaci realmente di avvicinarsi».

 

Scrivere dà più libertà che andare in tv o in radio? «Scrivendo sono più severa perché come tutte le provinciali e le persone di basso profilo sociale, penso che la "littérature" sia una punta di diamante del pattume che attraverso tutti i giorni. Avevo la presunzione, da ragazzetta di provincia, di diventare un Arbasino dei poveri».

 

Anche mentre scriveva non ha disertato l'appuntamento quotidiano e seguitissimo con «Casa Platinette» a Radio Dee Jay.

«Tutti i giorni dalle 7 alle 9. Mi sveglio alle cinque e mezza, con delle borse sotto gli occhi».

 

Tanto in radio non le vedono.

«Però io sì, e quando le vedo... Va avanti da tre anni e col tempo la tipologia degli ascoltatori è mutata, le ultime rilevazioni indicano che aumenta sempre di più l'ascolto femminile. Mi impegna dal lunedì al venerdì. Poi il sabato e la domenica, in genere, scrivo. Se non ho impegni mi piace andare per università».

 

In che senso per università?

«Nel senso che stranamente hanno preso a invitarmi».

 

E poi c'è l'impegno da Costanzo.

«Che l'anno prossimo diventerà settimanale. Mi hanno detto che ormai sto per raggiungere il massimo di presenze storiche nel programma».

 

Più di Sgarbi.

«Esatto».

 

Impegni futuri.

«La passerò in tournée cantando, perché non voglio farmi mancare nulla. Vorrei dimostrare il teorema che tutto è possibile e che un'obesa depressa come me può diventare scrittrice, intrattenitrice, presentatrice. Intanto l'estate canto perché poi a settembre registro...».

 

Un nuovo disco.

«Dal vivo, sì».

 

Che tipo di canzoni?

«Il peggio della musica delle straniere che hanno cantato in italiano: Françoise Hardy, le Kessler, la Parisi, Caterina Valente, Nanà Mouskouri. Atroci. Poi nel 2003 farò "Bigodini" un testo teatrale di Matteo B. Bianchi con Benedetta Mazzini, la figlia di Mina».

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