recensione diStefano Bolognini
Il secolo breve
La storia è il documento
dei crimini e delle follie del genere umano. Eric Hobsbawm
Vasta e articolata panoramica sul '900 scritta dal celebre storico marxista Eric Hobsbawm.
Contiene alcuni brevi accenni all'omosessualità.
A p. 377, ad esempio, nel capitolo La rivoluzione culturale l'autore sostiene che alla crisi della famiglia, della seconda metà del secolo scorso, è corrisposto il fiorire dei movimenti di liberalizzazione dei costumi tra cui quello degli omosessuali caratterizzato, a p. 392, dal rifiuto per "l'ordine delle relazioni umane nella società, stabilito da una lunga tradizione storica e sanzionato ed espresso dalle convenzioni sociali".
Questo, insieme ad un breve accenno all'influenza della subcultura omosessuale nella moda a p. 390, è condivisibile se riferito al radicalismo che ha caratterizzato la nascita del movimento gay.
Meno condivisibile risulta la lettura che fa Hobsbawm delle ragioni del coming out espresse, a p. 392, nel brano che riporto integralmente:
Nel caso in cui un'attività sessuale fosse stata proibita in passato, era facile compiere gesti di rottura contro le vecchie tradizioni. Quando invece fosse stata tollerata, ufficialmente o ufficiosamente, come per esempio nel caso delle relazioni lesbiche, bisognava sottolineare che essere lesbiche era un gesto di rottura. Divenne perciò importante un'adesione pubblica a ciò che fino ad allora era stato proibito o era stato considerato contrario alle convenzioni sociali: bisognava cioè dichiararsi omosessuali.
Lo storico dimentica che la ragioni di fondo del "dichiararsi omosessuali" stanno nella volontà del singolo omosessuale di vivere un'esistenza piena.
La rottura con le norme sociali è una conseguenza del coming out e non la causa.
Sostenere poi, che le relazioni lesbiche fossero tollerate nel passato pare un po’ azzardo perché le testimonianze sono contraddittorie. Da una parte c’è chi sostiene che, come Nerina Milletti:
in comunità relativamente isolate dalla cultura dominante i rapporti sessuali tra donne erano considerati comuni, e che potevano anche essere accettati grazie ad una strategia che considerava questa (ed altre) trasgressioni come dovute a strani accadimenti o a malie, che in qualche modo giustificavano la donna che ne era oggetto, e ne impedivano la condanna totale;
mentre dall’altra esistono, anche se scarse, testimonianze di lesbiche processate dall’Inquisizione. (v. Il testo Romano Canosa, Il velo e il cappuccio, sapere 2000, Roma 1991, p. 195 nota 3 indica alcuni casi di lesbiche).
Secondo l'autore poi, a p. 499, l'idea di comunità è nata per controbilanciare la "straordinaria dissoluzione del tessuto, delle norme e dei valori sociali e tradizionali, che ha lasciato orfani così tanti abitanti del pianeta, privandoli di un sicuro riferimento”.
Così "la parola comunità - la comunità intellettuale, la comunità delle pubbliche relazioni, la comunità gay e via dicendo - non è mai stata usata in maniera tanto vuota e indiscriminata quanto in questi decenni". Le "identità di gruppo", inoltre, sarebbero utili a "entrare in competizione con altri gruppi per appropriarsi di una quota delle risorse".
Si ha, a differenza dell’autore, l'impressione, guardando alla crescita e allo sviluppo della comunità gay, che più che rappresentare un vuoto rispondesse ad un’esigenza sociale di un gruppo ben definito di individui che nel tempo ha acquisito un valore politico rilevante.
Si nota leggendo tra le righe che l'accento polemico dell'autore è sovente relativo alle teorizzazioni del movimento radicale gay, nato a seguito della rivolta di Stonewall, più che alla volontà di normalizzazione contemporanea.
L’impressione è che l’autore, che comunque si è sforzato di parlare di omosessualità, guardi all’omosessualità con estrema diffidenza come ad esempio quando ricorda Alan Turing: "Neppure al college questo genio goffo e pallido, che allora era un giovane docente con la passione del jogging e che divenne dopo la morta una sorta di icona per gli omosessuali, era una figura che si segnalava".
A p. 640 infine un breve accenno polemico contro i gender study che sembrano rifuggire "da un discorso chiaro".
Al di là di queste critiche il testo rimane un punto di riferimento irrinunciabile per uno storico contemporaneo.