Cerimonia del massaggio, La

9 marzo 2005, "Babilonia" n. 223, settembre 2003, p. 77

Una chiassosa commemorazione (Clive, il caro estinto, è scomparso sei mesi prima nel remoto Perù a soli 34 anni) raduna nella City londinese un'insolita fauna. A che si deve un simile assembramento di Vip e modaioli, accorsi in massa per onorare il nero Clive?

Il segreto sta tutto nella professione del morto: massaggiatore e amante poliedrico.

Il lettore è coinvolto nella storia dallo sguardo di un canonico (che vigila in incognito sulla cerimonia) e da un inedito celebrante ("estimatore" di Clive), incline a confondere Dio e la mitica Joan Crawford "per un certo coté malvagio della divinità".

Quando la messa sembra ormai conclusa e il dolore archiviato, il prete imprudentemente invita i presenti a scambiarsi qualche ricordo del defunto. Apriti cielo! Una mandria vociante preme da dietro le quinte per dire la sua.

Evocati, entrano in scena il corpo di Clive e la liturgia del piacere che, con quasi tutti i convenuti, maschi e femmine, è stata officiata dall'impagabile "taumaturgo".

E si materializza un ospite inatteso: qualcuno sospetta che Clive se lo sia portato via l'Aids.

Dopo la commozione per lo spreco di una vita così giovane, in una parte del pubblico monta la rabbia e la volontà di combattere "questa piaga e i pregiudizi che ne derivano"; l'altra metà resta invece in preda all'ansia, pensa "di non averla fatta franca dopo tutto quel sesso", vede la funzione funebre come una "prova generale" della propria.

Colpo di scena! Un medico testimonia che fino all'ultimo Clive si è sottoposto ad esami sull'Hiv, con esito negativo; un ragazzino (che aveva condiviso con lui sulle Ande un'insana passione per i minerali) rivela che sarebbe stato punto da un letale millepiedi nelle lontane Americhe.
Giubilo e sollievo si diffondono in chiesa, con scorno di un editore che dal suo banco già meditava un instant-book sul nostro eroe, la cui morte per Aids, col suo potere di circondare "di un alone tragico anche l'esistenza più insulsa", non avrebbe certo nuociuto alle vendite.

Dulcis in fundo, salta fuori l'archetipo di un libro, un taccuino dove Clive registrava, in cifre e geroglifici, prestazioni e preferenze del variegato zoo umano che l'aveva desiderato lungo la sua breve esistenza. Ed è questo diario che – Galeotto! - propizierà una sacrosanta scopata tra il parroco (protagonista della messa più "folle" delle ultime stagioni letterarie e cinematografiche) e l'impacciato studente di geologia.

Una critica al vetriolo dei riti e miti della middle-class e della società dello spettacolo da parte di uno scrittore che ha spopolato in Inghilterra con La pazzia di re Giorgio e Nudi e crudi.

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