recensione diFrancesco Gnerre
Adamo, o dell'eleganza
Prima di dedicarsi alla pittura, Filippo De Pisis tenta in vari modi la via della letteratura. Nei trasferimenti da una città all'altra egli si porta dietro intere casse di fogli scritti che avrebbero dovuto diventare opere letterarie.
Si tratta per lo più di osservazioni e descrizioni molto vicine alla sua pittura, che non diventano mai veri e propri romanzi, ma si risolvono letterariamente secondo una poetica del frammento e della prosa d'arte.
Pubblicati quasi tutti dopo la sua morte, da Il marchesino pittore a Vert-vert a Roma al sole, i libri di De Pisis sono percorsi dalla leggerezza e dalla sensuale commozione di fronte alla bellezza, a cominciare da quella maschile, che spesso troviamo nella sua pittura; una pittura che non è, come potrebbe sembrare, l'espressione felice e prodigiosa di una versatile ispirazione, ma il risultato sofferto di una ricerca che coinvolge tutta l'esistenza e che si svolge, per usare una felice espressione di Corrado Levi, per "estremi di procedimenti".
Tra le numerose carte del pittore è ora pubblicata una serie di brevi testi destinati ad un libro sull'eleganza maschile.
Si tratta, anche in questo caso, di un'opera frammentaria, ma estremamente interessante.
Per De Pisis, come per Oscar Wilde, solo le persone di poco intelletto non giudicano dalle apparenze e l'aspetto esteriore è sempre il prodotto e lo specchio di un atteggiamento mentale.
Che De Pisis progettasse un libro sull'eleganza non meraviglia. Dotato di uno straordinario gusto teatrale, egli amava, fin da giovanissimo, vestirsi nelle maniere più diverse, da paggio del Quattrocento o da dandy ottocentesco, e anche nella vita quotidiana mostrava un'attenzione maniacale all'abbigliamento, costituito di solito da giacche dai colori eccentrici, cappello, monocolo di tartaruga con cordoncino nero... Alle dita, anelli con pietre di varia forma, e in mano un bastone romantico che diceva essere appartenuto a Goethe.