recensione diMauro Giori
Luchino Visconti
L'anno precedente l'uscita di questa biografia di Visconti, ne era apparsa un'altra, firmata da Monica Stirling, che non faceva nessun cenno all'omosessualità del regista. Gaia Servadio torna invece a più riprese sull'argomento e anche se talora si concede annotazioni di psicologia spicciola piuttosto discutibili, offre spunti utili per comprendere l'evoluzione dell'atteggiamento del regista nei confronti della propria sessualità.
Negli anni '30 Visconti tenne a lungo segreta la sua relazione con il fotografo Horst P. Horst, durata quattro anni, temendo i giudizi della società. Anche quando superò questi timori, Visconti faticò per anni a vivere senza complessi la sua omosessualità. Grazie al suo fascino personale, alla sua immensa ricchezza e al suo successo artistico, Visconti non faticò certo a procurarsi un'infinità di giovani amanti (parola dell'autrice) con cui intrecciò relazioni psicologicamente masochiste e burrascose, degne della sua fama di uomo burbero e tirannico. Secondo l'autrice, in esse il regista cercava non solo amore ma anche un rapporto parentale che rimpiazzasse la famiglia cui in gioventù aveva aspirato a dar vita.
L'autrice si sofferma brevemente sul tentativo viscontiano di sedurre Massimo Girotti (finito quasi in un duello) e sulla relazione con Helmut Berger, ma per il resto tratta con molta discrezione e con cenni sommari e generici gli amori del regista. Visconti del resto visse sempre la sua omosessualità come un dato non segreto ma privato, mostrando fastidio e incomprensione per qualsiasi sua manifestazione pubblica (che non fossero le sue stesse scenate nei ristoranti di lusso).
Il quadro disegnato dalla Servadio è utile per una comprensione piena dell'atteggiamento viscontiano, complesso e talora contraddittorio, nei confronti dell'omosessualità. Ma occorre scavare più a fondo e il quadro si può completare solo con un'attenta considerazione critica della rappresentazione della sessualità che il regista ha dato nei suoi film.