Uomo che Gesù amava, L'

4 aprile 2005, "Foglio di comunità", luglio-agosto 2004, p. 8

Recensione di don Franco Barbero, online anche qui: http://www.viottoli.it/. Ripubblicato per gentile concessione di don Franco Barbero.


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Questo libro trae origine dallo studio The man Jesus loved del pastore protestante americano Theodore Jennings, ma non ne costituisce né la traduzione né un semplice riassunto.

Le considerazioni che Gianni De Martino svolge nelle prime 50 pagine (le altre sono occupate da interviste e documentazioni) sono pregevoli e affidate ad una penna magica.

Ne esce un quadro della vita omosessuale pieno di dignità, liberato dai linguaggi polarizzati.

"Continuo a pensare", scrive De Martino, "che i gay credenti siano all'avanguardia nel rinnovamento delle chiese cristiane perché amano davvero e molto, forse fin troppo, Gesù" (pag. 43).

"Purtroppo c'è l'errata credenza che gli omosessuali siano quelle persone che pongono il sesso al centro del loro interesse e delle loro relazioni con se stessi, con gli altri e con l'universo" (pag. 35).

In una relazione d'amore tra due gay

"il sesso, anche se è importante, è solo un aspetto della somma dei piaceri amichevolmente e teneramente condivisi. Si mettono infatti alla prova i sentimenti, gli affetti e un vivere insieme che comporta una storicità e un processo di apprendimento alla dedizione, all'affidabilità nei confronti dell'altro e alla responsabilità" (pag. 36).

La tesi del pastore Jennings, dal quale il libro prende lo spunto per un discorso più articolato su fede e omosessualità, non rappresenta una novità: si tratta della "tesi di un'eventuale omosessualità di Gesù, attivamente praticata e non soltanto psicologica" (pag. 6).


Sulla sessualità di Gesù si sono scritte intere biblioteche: sessuofobico? mangione e beone? femminista? sposo di Maria di Magdala? gay?...

Non sto a mettere in dubbio la legittimità di ogni ricerca, ma spesso le argomentazioni denotano una scarsa attendibilità sul piano esegetico ed ermeneutico. Se denunciamo certi utilizzi della Bibbia contro gay e lesbiche, può essere sanamente "provocatorio" parlare di un Gesù gay, ma il rischio è quello di andare oltre il testo o contro il testo biblico.

L'aver letto i testi su Davide e Gionata in chiave omosessuale ha rappresentato un'operazione non sostenibile sul piano delle scienze bibliche. Il contesto non permette una simile estrapolazione e un "utilizzo" o uno "sfruttamento" di segno opposto, come sottolinea il teologo Romeo Cavedo.

La poche citazioni dello studio di Jennings che De Martino riporta nel suo scritto, dimostrano a mio avviso una scarsa conoscenza del mondo ebraico, dei dati ermeneutici e delle valenze simboliche.

Avverto il pericolo di smarrire il rigore ermeneutico e di "annettere un testo alla propria causa" (per es. pag. 21; pagg. 27-28).

È così si compiono talune affermazioni perentorie che gli studiosi oggi hanno rimesso totalmente in questione:

"Non c'è dubbio che l'amico speciale ('quello che Gesù amava') fosse una persona viva e concreta e che sia logico chiedersi se con questo amico speciale Gesù avesse rapporti sessuali" (pag. 24).

Ciò che oggi i maggiori studiosi della Bibbia non danno per certo è proprio la "natura" reale o simbolica del "discepolo prediletto".

Così pure che la nascita di Gesù sia avvenuta a Betlemme "come tutti ben sappiamo" (come leggiamo nel quadro mitico ed apologetico di Luca) è tutt'altro che certo.

Così pure affermare che "la possibilità che l'uomo che Gesù amava fosse Lazzaro e che egli avesse rapporti sessuali con l'amato è impressionante, ma niente nel testo preclude la possibilità sessuale in un tale rapporto" (pag. 29), sembra un gioco di invenzione extratestuale legittimo, ma l'aggettivo "impressionante" è enfatico ed immotivato su base testuale.

Ma chi esplora nuovi sentieri ha il diritto ad alcune "eccedenze".

Del resto, come De Martino egregiamente puntualizza a più riprese, Jennings non vuole convincerci dell'omosessualità di Gesù: vuole semplicemente mostrare che è una possibilità (pag. 24).

Ma se noi, quasi dimenticando l'ipotesi di Jennings che il libro vuole presentare, seguiamo le riflessioni dense e liberatrici di Gianni De Martino, chiudiamo queste pagine con un maggior arricchimento spirituale, con un accresciuto amore per la persona di Gesù, con una moltiplicata volontà di lasciarci alle spalle i pregiudizi e le condanne vaticane e di vivere gioiosamente secondo ciò che siamo, a me sembra che, avvertiti di alcuni seri e evitabili rischi, anche le pagine di Jennings diventino utili come provocazione per quel cristianesimo fondamentalista cattolico e protestante che vive di ovvietà e di immobilismo dogmatico.

Dice bene l'autore:

"penso che la polarizzazione di Jennings sull'eventuale comportamento gay di Gesù derivi dalla preoccupazione di controbilanciare, in maniera quasi speculare, l'ossessiva negazione della sessualità di Gesù e dei cristiani da parte delle chiese neo-sessuofobiche" (pag. 39).

I gay e le lesbiche credenti non hanno bisogno di un Gesù gay.

C'è piuttosto l'assoluta necessità di scoprire, anche attraverso la testimonianza di Gesù, che Dio è amore ed accoglienza, un Dio che non ci cataloga secondo questi criteri così ambigui, un Dio che è in pace con i nostri cuori e con i nostri corpi.

Per questo io non sogno nemmeno un eventuale papa "giovane, nero e gay". Potrebbe essere un bel gay represso, un nero "romanizzato", e cadremmo dalla padella nella brace.

Mi basta che il Cielo sorrida su tutti gli amori onesti e teneri e che sulla terra la danza della gioia e l'estensione dei diritti facciano cadere le mura di Gerico, perché amarci senza "carità pelosa" (pag. 34) e senza esclusioni è l'unica "verità" che cambia il mondo e durerà oltre il tempo.


[Nota di Culturagay.it: su questo libro si veda anche la sezione organizzata da Pasquale Quaranta nel suo sito].

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