recensione diFrancesco Gnerre
America primo amore [1935]
Anche in questa, che è l'opera più scopertamente autobiografica e meno narrativa di Mario Soldati, America, primo amore, del 1935 (dove l'io narrante somiglia molto a Soldati e l'America è simile all'America che Soldati conobbe e amò), troviamo momenti riconducibili ad una sensibilità omoerotica, dagli inequivocabili apprezzamenti sulla bellezza maschile all'episodio in cui il narratore "batte" l'autista di un autobus dal viso "forte" e "virile" e dai tratti "delicati e intelligenti":
"Forse guardai il bel giovane troppo a lungo: perché a un tratto si voltò, mi fissò, e mi sorrise apertamente",
scrive Soldati che, in compagnia di una donna, è costretto a rinunciare alla promettente avventura col giovane autista americano:
"scendemmo a Birmingham N.Y. (...) sfidando l'ira di una donna gelosa, salutai allora l'autista.
Ed egli, partendo, portò la mano al berretto con gesto secco e galante; poi mi sorrise fino all'ultimo tra l'ironico e il nostalgico".
Più chiaro di così!