Scrivere di Amore e Morte il giorno d'oggi rappresenta sempre un rischio: il tema sarà pure naturale, inevitabile, coinvolgente quanto si voglia, ma è anche stato usato e strausato, e ricorrervi può condurre a franare nel Kitsch il malcapitato scrittore senza che se n'avveda; Gregorini, dal punto di vista della trama, in questo racconto si mostra però accorto, anzitutto perché, se l'amore e la morte ci sono, mancano sia il delitto passionale sia, trattandosi di amore fra maschi, lo spettro dell'AIDS. Anche dal punto di vista temporale lo sfasamento inserito nella seconda parte contribuisce a togliere un po' di ovvietà all'insieme. Ciò che funziona solo a tratti è invece la scrittura: Gregorini è anche poeta, e nella prosa introduce spesso, non so se inavvertitamente o per vezzo, stilemi tipici di chi compone versi: concrezioni linguistiche, arditezze metaforiche o, al contrario, costruzioni sinuose e faticose che soprattutto ai nostri giorni non sono più di frequente impiego nella narrativa. Fin qui tutto bene: un autore ha il diritto di scegliere un linguaggio elevato e artificioso, e di conformarvi persino, con chiaro effetto straniante, i dialoghi e i messaggi di posta elettronica che si scambiano i personaggi; scelta rischiosa, perché il ridicolo vi sta in costante agguato, ma rispettabile se la si pratica sino in fondo. Così non è invece per Maurizio Gregorini, perché ad intervalli il tono si fa repentinamente basso, diretto e crudo, sia nei dialoghi sia nelle parti propriamente narrative, soprattutto nei brani più scopertamente erotici: capisco bene che fare dell'erotismo con linguaggio alato suona quasi sempre buffo ma, come sanno bene i cantanti, i passaggi di registro sono un punto molto delicato; e qua i passaggi sono ingiustificati e duri, e soprattutto, non che infondere nerbo allo stile coi tagli netti di luce e d'ombra, suscitano una spiacevole sensazione d'incuria. In realtà quelli che piacciono a me sono proprio i momenti erotici, perché nella loro asciuttezza vibra un calore di sincera passione; ma si stagliano entro un mare di fantasmi verbali un po' gratuiti. Certo, brutto il libro non è: ma secondo me non riesce neanche ad essere bello.