Muerte en Venecia

10 aprile 2005

In questo suo studio dedicato al film di Luchino Visconti Morte a Venezia (1971), Radigales spende sette paginette (pp. 43-49) a discutere gli aspetti omosessuali del film. Per quanto esile sia, tale sforzo rappresenta pur sempre un'eccezione, dal momento che nello studio del film di Visconti di solito il tema omosessuale viene completamente ignorato.


Ma il passo avanti di Radigales è tutto relativo: le sette pagine servono infatti solo per giungere alla conclusione che si parla "sì di amore, ma di amore per la bellezza infinita" (p. 47) e che Tadzio non si presta ad alcun "gioco (omo)sessuale" (p. 48). Anche in seguito (p. 64) parla così di "apparente avventura omosessuale di Aschenbach" e liquida l'interpretazione in chiave omosessuale del film come "riduzionista e superficiale".


Nel complesso lo studio di Radigales è interessante e in alcuni punti acuto, ma per ciò che riguarda la tematica omosessuale si mostra di una miopia singolare.


Per reazione a chi ha voluto vedere nel film un'apologia dell'omosessualità (lettura, concordo, errata), Radigales giunge all'estremo opposto (parimenti errato) di negare qualsiasi contenuto omosessuale del film (nonostante sia ricolmo di evidenze contrarie), ricorrendo talora ad argomenti francamente risibili, oltre che discutibili da un punto di vista critico.


Ad esempio sostiene che siccome Visconti ha pensato a Mahler per il personaggio di Aschenbach (cosa vera e risaputa), e siccome Mahler era eterosessuale, allora Aschenbach non può essere sessualmente interessato a Tadzio (p. 46). Ragionamento pseudosillogistico che non dimostra proprio niente, se non il fatto che in questo punto Radigales sta ignorando il testo (cioè il film, che dovrebbe invece essere l'unico dato certo da non perdere mai di vista). Si potrebbe sostenere allora altresì che siccome Visconti si è richiamato a Mahler nel personaggio di Aschenabch, e siccome Aschenbach non desidera altro che portarsi a letto Tadzio, allora Mahler doveva essere gay. Questa riformulazione sembra più paradossale della precedente solo perché non conclude su un testo di finzione ma su un dato storico, ma in realtà non è meno arbitraria.

Il fatto è che in entrambi i casi, anche se diamo ad intendere il contrario, non è più del film che parliamo ma di un'intenzione critica di chi scrive, che vorrebbe sostenersi mediante il richiamo a una presunta intenzione dell'autore (dico presunta perché sì, Visconti pensava a Mahler, ma questo non dimostra che stesse pensando alla sessualità di Mahler) e a dati extratestuali privi di rilevanza.

Perché alla fine è il testo che parla e se anche Visconti non intendeva fare discorsi sull'omosessualità, i suoi film trasudano frequenti tensioni omoerotiche, Morte a Venezia incluso.

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