recensione di Mauro Giori
Queer Burroughs
Che la critica tenda sistematicamente a ignorare (o quanto meno a sottostimare, che è forse peggio) gli aspetti omosessuali delle opere e degli autori di cui si occupa è prassi risaputa. Che riesca a farlo persino in un autore come William Burroughs ha però davvero dell'incredibile. Eppure è quanto successo, come lamenta nella parte introduttiva di questo studio il suo autore, che solo quattro anni fa è stato il primo ad occuparsi in modo approfondito e sistematico del modo in cui Burroughs ha rappresentato l'omosessualità nella sua produzione letteraria.
È uno studio piuttosto deludente per il lettore omosessuale appassionato di Burroughs. Non lo dico come una critica: il fatto è che chi conosce romanzi e raconti dello scrittore e le sue lettere, sa già tutto ciò che c'è da sapere. Eppure, per quanto evidente, tutto ciò, come si è detto, è stato sottovalutato dalla critica precedente. Quindi lo studio di Russell scopre l'acqua calda, ma è proprio questa l'operazione che andava fatta, e quindi è un lavoro importante.
Non aspettatevi dunque scoperte rivoluzionarie, ma semplicemente una guida, interessante e documentata, attraverso il mondo complesso di Burroughs. Una guida capace di mettere in luce come sia cambiato il suo modo di rappresentare l'omosessualità negli anni, passando dalla paranoica società americana degli anni '50 alle utopie post-Stonewall, e da queste agli incubi dell'epoca dell'AIDS.
Lo sforzo di contestualizzare storicamente alcune ossessioni dello scrittore (in particolare la sua "effeminophobia", p. 40) è a tratti un po' semplicistico, ma nell'insieme si tratta di un'ottima introduzione al mondo di Burroughs.