Fuori dalla città invisibile. Il disagio degli adolescenti glbt

1 maggio 2005

Per me che, come giornalista, mi sono sempre sforzato di sgrovigliare i fatti per esporli nel modo il più semplice consentito dalla complessità della realtà, è un po' sull'"altra sponda" un libro come questo, che mira al contrario a dare spessore e complessità a questioni che ai miei occhi appaiono semplici, allo scopo di dimostrarne la legittimità come campo di studio sociologico.

Per dirla con la presentazione: "riconoscere criticamente dignità di studio all'omosessualità significa attribuire a quest'ultima complessità, ed ammettere la necessità e l'emergenza per le scienze umane e sociali di nuove interpretazioni e di strumenti efficaci sia per intervenire nel complesso sociale che per arricchire il vocabolario dei lavori sociali, con ricadute nel vissuto quotidiano e nel senso comune".

Volendo si potrebbe anche polemizzare con una realtà accademica, come quella italiana, incapace di comprendere la realtà se non l'ha prima tradotta e codificata nel suo gergo iniziatico, ma non mi pare questo il luogo e il momento: il dato importante di questo libro è infatti la circostanza di essere nato da un convegno dell'Agedo (l'associazione di genitori di omosessuali) di Palermo, uno dei più attivi e innovativi d'Italia, e di essere dedicato al disagio degli/delle adolescenti omosessuali e transessuali. Già per il fatto di esistere questo libro è un miracolo. Mi astengo quindi dalle critiche.

Metà degli interventi qui contenuti mira appunto a dimostrare (a un contesto accademico arretrato e cattolico come quello italiano, che a parte pochissimi casi ha sempre snobbato - se non temuto - l'omosessualità come campo di ricerca), che l'acqua calda è calda, cioè che l'omosessualità è un campo di ricerca e intervento legittimo, dimostrando che la tematica può essere tradotta nell'astruso linguaggio sociologichese, ed è quindi un tema legittimo.

Se questa operazione è necessaria (e temo fortemente lo sia) non sarò io a criticarla: ponti d'oro a chi la compie.

In Italia, a parte gli studi di Barbagli/Colombo e Saraceno, non si sa nulla della realtà omosessuale, dal punto di vista sociologico.

L'altra metà degli interventi (fra i quali uno mio: Giovanni Dall'Orto, "Fra Scilla e Cariddi. Il disagio dell'adolescente glbt fra società eterosessuale e mondo omosessuale") ha invece un tono più colloquiale e mira a raccontare e descrivere lo stato dei fatti in Italia.

L'indice degli interventi è insomma variegato, e presenta a fianco a fianco interventi tecnici, diretti a un pubblico di operatori sociali e di studiosi di sociologia, e racconto di esperienze "sul campo" dei genitori dell'Agedo.


Ecco l'elenco dei titoli degli interventi:

  • "Dall'icona della diversità alla comunità di pratiche", di Gioacchino Lavanco,
  • "Per una sociologia del riconoscimento: omosessualità e identità sociale", di Cirus Rinaldi;
  • "Le identità omosessuali", di Claudio Cappotto (un riassunto di approcci teoretici sociologici americani al tema dell'identità glbt),
  • "Fuori dalla città invisibile: strategie, intevrventi e riflessioni", di Claudio Cappoto;
  • "Omosessualità e counseling", di Manuela Campo;
  • "La diversità come dono. Un'esperienza vissuta a Palermo", di Francesca Marceca, presidente dell'Agedo di Palermo,
  • "Relazioni familiari dei giovani omosessuali: la voce delle famiglie", di Chiara Bertone, Lucia Bonuccelli, Claudio Cappotto, Cirus Rinaldi;
  • "Società civile e lotta per la giustizia sessuale", di Chet Meeks, e infine
  • "Omosessualità, complessità e mutamento", di Cirus Rinaldi e Claudio Cappotto.

A differenza di quanto avviene in opere simili pubblicate negli Usa, è qui assente la voce del movimento gay, se si eccettua il mio intervento.

Inoltre, per un libro che si propone come utile strumento per gli operatori sociali, manca a dire il vero anche un intervento che analizzi le motivazioni e la dimensione d'un atteggiamento di disagio, se non ostilità vera e propria, da parte degli operatori sociali italiani.

Trattare la questione dando per scontato che costoro siano neutrali verso il tema, ma solo un poco disinformati, è un eccesso di benevolenza che non tiene conto di quanto il silenzio esistente in materia in Italia non derivi da banale disinteresse, bensìda attiva e aggressiva ostilità preconcetta, determinata a censurare il tema.

La cultura cattolica da cui è espresso questo atteggiamento ha dimostrato negli ultimi anni, al governo, di quanti e quali danni fosse capace, una volta abbandonato l'ìatteggiamento di apparente "benign neglect"!

Ma a dire il vero non si può addossare a un solo asino l'intero carico di una nave. Il solo fatto di avere posto il problema del disinteresse italiano è già un grosso merito di questo libro. Non gli si può chiedere che faccia anche i miracoli.

Per tutto il resto, aspetteremo quindi che germoglino i semi che esso ha gettato.

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