recensione diRoberto Russo
Aspetti biblici dell'omosessualità
Un gruppo di sei professori protestanti di diverse università firma questo libro che affronta la questione omosessualità dal punto di vista biblico. Si tratta di sei contributi, già precedentemente pubblicati e qui tradotti da Teresa Franzosi per i tipi della Claudiana di Torino, che analizzano la tematica da diverse angolazioni.
Di Victor Paul Furnish, pastore della United Methodis Church e professore emerito di Nuovo Testamento alla Perkins School of Theology della Southern Methodist University di Dallas (USA), è il primo contributo, dal titolo La Bibbia e l'omosessualità: i testi nel loro contesto. Lo studio propone una rilettura dei brani biblici in cui si parla dell'omosessualità calandoli nel contesto in cui sono stati scritti. Una seconda parte di questo contributo analizza i testi biblici nel contesto attuale.
Orientamento testuale è il titolo del contributo di Choon-Leong Seow, ordinario di lingua e letteratura dell'Antico Testamento al Princetorn Theological Seminary. Proponendo la lettura sapienziale dei testi biblici, egli dice:
I testi della letteratura sapienziale ci insegnano a guardare al di là di un orientamento puramente testuale per elaborare la nostra etica (pag. 62).
Il volume continua con altri due saggi: quello di Roberto L. Brawley, professore ordinario di Nuovo Testamento al McCormick Theological Seminary, dal titolo Il potere di Dio all'opera nei figli di Dio e quello di Herman C. Waetjen, anch'egli ordinario di Nuovo Testamento al San Francisco Theological Seminary, Rapporti omosessuali nell'antichità. Sessualità e identità sessuale nella società americana contempoaranea.
Particolarmente interessanti sono gli ultimi due contributi.
Dale B. Martin, professore associato di teologia alla Duke University, analizza i significati e le conseguenze dei termini arsenokoitês e malakos.
Il Nuovo Testamento fornisce pochi argomenti a quanti oggi intendono condannare la moderna omosessualità. In confronto alle assai più certe condanne di collera, ricchezza (che a volte non era che povertà), adulterio e disobbedienza della moglie o dei figli, i rari passi che potrebbero esser intesi come condanne dell'omosessualità sono davvero ben poca cosa. Di conseguenza non sorprende che l'interpretazione di due sole parole abbia suscitato un'attenzione spropositata. Entrambe le parole, arsenokoitês e malakos, ricorrono in un elenco di vizi in 1 Corinzi 6,9, e arsenokoitês ricorre anche in 1 Timoteo 1, 10. In passato queste due parole sono state tradorre in modi diversi, ma nel XX secolo si è spesso sostenuto che si riferivano a persone che avevano rapporti omosessuali, o almeno sesso fra maschi, e se n'è concluso che il Nuovo Testamento, o Paolo, condannano l'«attività» omosessuale (pag. 113).
I versetti citati dal prof. Martin sono i seguenti:
1 Corinzi 6, 9-10- Traduzione CEI:
O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.
Traduzione interconfessionale in lingua corrente:
Sappiate però che non c'è posto per i malvagi nel nuovo mondo di Dio. Non illudetevi: nel regno di Dio non entreranno gli immorali, gli adoratori di idoli, gli adùlteri, i maniaci sessuali, i ladri, gli invidiosi, gli ubriaconi, i calunniatori, i delinquenti.
1 Timoteo 1, 9-10 - Traduzione CEI:
Sono convinto che la legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, i fornicatori, i pervertiti, i trafficanti di uomini, i falsi, gli spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria alla sana dottrina
Traduzione interconfessionale in lingua corrente:
Ricordiamo che una legge non è fatta per quelli che agiscono bene, ma per quelli che agiscono male; per i ribelli e i delinquenti, per i malvagi e i peccatori, per quelli che non rispettano Dio e quel che è santo, per gli assassini e per quelli che uccidono il padre o la madre; per gli immorali, per i depravati, per i mercanti di schiavi, per i bugiardi e gli spergiuri: insomma per tutti quelli che vanno contro la sana dottrina.
La serrata analisi del prof. Dale sul significato più appropriato di questi due vocaboli è avvincente. Concludendo egli dice:
Ho cercato di llustrare come tutti i ricorsi a «ciò che dice la Bibbia» siano ideologici e problematici. Ma alla fine qualsiasi ricorso, alla Bibbia o a qualunque altra fonte, deve sottostare alla verifica dell'amore. A quelli che sostengono che questo è semplicisistico, io replico che non lo è affatto. Non ci sono risposte facili. Neppure l'«amore» può fungere da fondamento dell'etica in modo prescrittivo o prevedibile - come provano tutte le ingiustizie, gli imperialismi e le violenze commessi da sempre in nome dell'amore. Ma invece di aspettare che la risposta venga da un particolare metodo interpretativo della Bibbia, noi perlomeno conduciamo la discussione là dove dovrebbe svolgersi: nell'ambito di una riflessione sull'amore cristiano, invece che nell'ambito del fondamentalismo o dello storicismo modernista. Noi poniamo la domanda che va posta: «Che bisogna fare, se si vuole amare davvero?» (pag. 144).
L'ultimo testo di questa raccolta è I gentili «buon seme» e I cristiani omosessuali: direttive del Nuovo Testamneto per la Chiesa eterosessuale, a firma di Jeffrey S. Siker, associato di Nuovo Testamento nel Dipartimento di Studi Teologici della Loyola Marymount University. Dopo aver a lungo parlato del discernimento da fare alla luce delle Scritture, lo studioso afferma:
La Bibbia non ci dà delle direttive chiare riguardo all'inclusione dei gay e lesbiche nella comunità cristiana, ma ci dà delle direttive chiare riguardo al fatto di trattarci gli uni gli altri come «buon seme» di Dio. Ci dà delle direttive chiare riguardo all'inclusione di quanti, forse con nostra grande sorpresa, hanno ricevuto lo Spirito di Dio e si uniscono a noi nel professare la nostra fede cristiana. Ai suoi tempi Paolo esortava i Galati a prestare attenzione all'esperienza dello Spirito. Ed essi riconobbero forse lo Spirito grazie all'ortodossia e all'ortoprassi richieste da qeui giudeo-cristiani che sostenevano che l'unico gentile buono era un «gentile giudeo»? O riconobbero invece lo Spirito grazie alla loro fede? Noi oggi siamo chiamati a porre una domanda simile: malgrado la nostra esperienza, continuiamo ad affermare che I cristiani omosessuali possono avere lo Spirito di Dio solo se sono cristiani «omosessuali eterosessuali»? O, con Pietro e Paolo, ce la sentiamo di riconoscere, forse con sorpresa e umiltà, che i cristiani gay e lesbiche, in quanto gay e lesbiche e non in quanto peccatori, hanno ricevuto anch'essi lo Spirito nella fede? Se è così, accogliamo con gioia questi nostri fratelli e sorelle in Cristo, e proseguiamo con loro il cammino a cui Dio ci ha chiamati tutti (pagg. 168-169).