recensione diDaniele Cenci
Maestro della notte. L'omosessualità nella Cina di Taiwan
Un regno notturno alla periferia d'una grande città.
Qui dei ragazzi vendono il proprio corpo e un po' di calore ad uomini inquieti, e sembrano abolite le barriere tra superiori e inferiori, poveri e ricchi, deboli e forti, giovani e anziani. Tutti bruciati dal bisogno, dalla passione dell'eros, con un cuore che soffre (a volte fino alla follia) di solitudine.
Ombre che si rincorrono attorno al laghetto dei loti, "girando e rigirando all'inseguimento di questo immenso incubo pieno d'amore e di desiderio".
Xianyong, uno dei massimi romanzieri orientali, ha scritto nel 1983 questo capolavoro maudit, osteggiato a Taiwan e a lungo proibito in Cina.
La magia degli onirici capolavori d'una civiltà millenaria si fonde col realismo visionario di certa letteratura angloamericana: viene in mente Città della notte di John Rechy, sempre incentrato sul mondo dei giovani sex workers.
Una folla di personaggi indimenticabili, di storie che si snodano in maniera avvincente, un'esplorazione degli abissi di violenza e redenzione, di rifiuto e solidarietà che spesso costellano la difficile arte del vivere.